Libera concorrenza e ricerca scientifica

La sospensione da parte della Corte dei Conti dei finanziamenti per la ricerca di un vaccino “italiano” progettato e realizzato da una società privata, Reithera, che opera nel campo della biomedicina, apre diversi interrogativi sul futuro della nostra industria farmaceutica in particolare ma anche degli altri settori produttivi. Non conosco, anche perchè non sono state ancora pubblicate, le motivazioni che hanno portato i magistrati contabili a bloccare il finanziamento già deliberato di 81 milioni di fondi pubblici a favore dell’impresa privata, e credo che sia stata certamente una decisione comunque difficile vista l’attuale situazione emergenziale determinata dal Covid 19 e quindi non entro minimamente nel merito della sentenza, ma invece è opportuno fare qualche considerazione sul fatto che si versino soldi pubblici nelle casse di aziende private. Ritengo infatti che questa modalità, seppur giustificabile dall’emergenza sanitaria, sia in linea di principio discutibile per due motivi essenziali: il primo perché il pubblico interviene nel mercato privato creando potenzialmente una posizione dominante di un soggetto su tutti gli altri e la seconda perché si vincola anche la stessa impresa destinataria ad una ricerca specifica andando così a limitare la libertà della stessa, sia di ricerca che di investimento, e alla fine si ritrova obbligata da un contratto di servizio a dover concedere il risultato delle proprie ricerche non al miglior “prezzo” senza massimizzare gli utili che potrebbero essere reinvestiti per migliorare il prodotto finale, ma a quello predeterminato da un accordo di massima.
Questo produce l’effetto opposto a quello che si voleva ottenere: deprime l’iniziativa privata, colpendo la libera concorrenza tra soggetti che avrebbero più benefici dalla competitività che da un monopolio. Abbiamo già avuto modo di sperimentare queste pratiche, ricordo solo per esempio cosa è avvenuto negli anni passati con l’industria dell’auto, se avevamo in Italia una serie di marchi autorevoli ed indipendenti come Alfa Romeo, Maserati, Ferrari, Fiat, Lancia, Autobianchi, De Tommaso, ed altri, ci siamo poi ritrovati, proprio per le politiche assistenziali ed unidirezionali volute dai governi italiani nell’arco di pochi decenni, un solo gruppo industriale che via via ha assorbito tutti gli altri, con il risultato di arrivare quasi a vendere tutto per la perdita costante di quote di mercato per lo scarso gradimento dei consumatori se Sergio Marchionne non avesse aperto la Fiat alle fusioni e al mercato internazionale, investendo in innovazione e qualità dei prodotti, tagliando i rami improduttivi e gettando le premesse perché oggi si è potuto occupare un posto di tutto rispetto nel monto dell’automotive con la nuova società Stellantis nata dall’unione di PSA e Fiat Chrysler Automobiles.
Tutto questo testimonia che al genio umano non possono né debbono porsi freni, diretti o indiretti, ma anzi andrebbe stimolato con la sana competizione che solo la concorrenza leale può garantire unitamente al soddisfacimento dei bisogni degli individui, con tutti i rischi del caso.
La stessa filosofia andrebbe applicata alla ricerca scientifica: libera concorrenza alla conquista del utile necessario e tutela della proprietà privata dei brevetti. Solo così si può garantire la libertà dell’iniziativa privata, la sostenibilità economica di un’impresa ed il progresso e non con il dirigismo statalista fatto di burocrazia e partitocrazia.
L’effetto sarebbe anche di un risparmio per il nostro già ultra indebitato erario, di conseguenza quello di un abbassamento della tassazione, di una progressiva riduzione di una serie di apparati inefficacemente dispendiosi e di un miglioramento della vita delle persone.

Libera concorrenza e ricerca scientificaultima modifica: 2021-05-21T07:11:15+02:00da torreecorona
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