Il moto armonico smorzato sovranista

Oscillare come un pendolo o una molla intorno all’asse del potere, tra un massimo di populismo ed un minimo di responsabilità, per poi a lungo termine, esaurita la spinta iniziale e per effetto delle forze dissipative del sistema, ricadere sull’equilibrio dell’autorità mi pare che sia il destino infausto del sovranismo. Nessuna vera alternativa a quella statalista, assistenzialista e dirigista della sinistra, l’unica differenza sono le facce che lo rappresentano, ma il rumore di fondo è lo stesso. Un vicolo cieco in cui tutto il centrodestra rischia di ficcarsi. A parte qualche vaga difesa di alcuni principi, come famiglia e patria, non vedo grandi prospettive per un’area che è, almeno nei sondaggi, maggioritaria in Italia, ma che rimane impastoiata in discussioni da bar ed intrappolata nei miti, anche quelli funesti, del passato. Viene stravolto anche quello del Risorgimento, che fu liberale e unitarista, senza mai pensarsi conservatore, anche perché questo avrebbe significato il permanere dell’assetto del congresso di Vienna con un territorio italiano diviso in stati con sovrani e tradizioni diverse e spesso avverse. 

Il Risorgimento fu sforzo unificante, tentativo di oltrepassare le diversità per creare un’omogeneità, almeno istituzionale, in nome di un’unità che dai tempi di Dante si invocava per l’Italia. Oggi non credo che Cavour si sarebbe mai iscritto a gruppi parlamentari che di questo processo non né hanno nemmeno capito lo spirito parlamentarista, e che di contro anzi hanno sostenuto in blocco il ridimensionamento del numero dei parlamentari per saziare la bramosia della plebe urlante alle porte di Roma. Figuratevi se uno come lui che scriveva che con un Parlamento si possono fare molte cose che sarebbero impossibili al potere assoluto. Una esperienza di tredici anni mi ha convinto che un ministero onesto ed energico […] ha tutto da guadagnare dalle lotte parlamentari. Non mi sono mai sentito così debole come quando le Camere erano chiuse. D’altronde io non potrei tradire la mia origine, rinnegare i princìpi di tutta la mia vita. Io sono figlio della libertà, è ad essa che devo tutto ciò che io sono. Se fosse necessario mettere un velo sulla sua statua, non sarei io a farlo. Se si giungesse a persuadere gli Italiani che essi hanno bisogno di un dittatore, essi sceglierebbero Garibaldi e non me. Ed essi avrebbero ragione. La via parlamentare è più lunga, ma è più sicura, si sarebbe mai accodato a certe impostazioni, o avrebbe mai accettato i cosiddetti “pieni poteri” invocati ora da questo ora da quello secondo il momento. 

Recentemente Marcello Veneziani, che apprezzo come intellettuale libero e anticonformista, ha rilevato che in alcuni di questi partiti c’è un deficit di classe dirigente e che sarebbe l’ora di oltrepassare il sovranismo, il vecchio adagio dell’andare oltre che rispunta. In verità per questa volta non la penso come lui, perché il problema non è nella classe dirigente che in qualche caso c’è pure, ma nel tipo di mentalità e di idee che essa evoca ed il fatto che comunque, a prescindere dall’età, non ha voluto fare i conti pienamente con il passato, come fece invece coraggiosamente Gianfranco Fini. Fin quando non sarà fatto questo sforzo per chiarire definitivamente se si preferisce il governo dei “forti” a quello della legge, quello un pò coccardiero e non quello della responsabilità, il rischio è elevato e l’elettorato avrà ben donde a scegliere altro, come in Francia dove la Le Pen continua a mietere consensi e a perdere ripetutamente nei momenti topici. Il vero coraggio sarebbe dire chiaramente come fece Margaret Thatcher, se si vuole costruire una società libera o no, fondata sul diritto naturale, uno stato essenziale e un governo limitato dalla legge. Lo capisco un rischio enorme per chi oggi guarda solo ai sondaggi quello del confronto su questi temi, ma è un passo necessario per aprire all’Italia un futuro di prosperità. Anche perché per me, non è per niente una bella prospettiva rinunciare ad un’Unione Europea, forsanche troppo burocratica ed oligarchica, ma al contempo fautrice di un lungo periodo di pace e di controllo della spesa pubblica cosa molto rilevante, per poi ritrovarci uno stato ancora più dirigista, invasivo, iperprotezionista, interventista economicamente e propenso all’assistenzialismo, sostituendo al burocratismo continentale quello nostrano. Il fatto che eventualmente ci sarebbero a gestirlo brave persone, animate da buoni propositi e anche simpatiche, non mi rassicura per niente. 

Speriamo che più che ad andare oltre, ci si fermi a pensare che strada imboccare prima che sia troppo tardi.

Il moto armonico smorzato sovranistaultima modifica: 2021-07-04T16:02:32+02:00da torreecorona
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