Lo stato di guerra perenne…“La guerra è pace, la libertà è schiavitù, l’ignoranza è forza.”Orwell 1984

Stato d’emergenza! E’ una guerra! Bisogna combattere! Coprifuoco! Razionamento! Andrà tutto bene! Avremo una nuova normalità etc…da due anni è questa la comunicazione a cui ci siamo abituati. 

Ci siamo assuefatti a pensare che la sanità fosse gestita come un ospedale da campo di un esercito durante un conflitto. Tutto forse anche necessario ma forse anche non indispensabile, ma che ci ha costretti non solo a modificare le nostre antiche abitudini sociali ma a cambiare il nostro modo di pensare e di guardare al mondo. Persino le nostre millenarie tradizioni religiose, come le processioni votive, sono state prima sospese e dopo stravolte.
Abbiamo subito una mutazione di pensiero che inconsciamente ci ha reso più diffidenti rispetto all’altro, amico o familiare, che di colpo si è trasformato in un pericolo o in un portatore sano di un nemico potenzialmente letale ma invisibile.
Poi come in ogni guerra è arrivata la tregua “estiva”, che ci ha concesso un corridoio umanitario verso la socialità che ci era stata preclusa in inverno, ma è stata breve ed abbiamo ricominciato con maschere anti virus e distanziamento. E giù un altro anno più o meno passato a casa e al lavoro con la stessa ansia da battaglia in corso.
Sdraiati sui nostri divani da combattimento, dopo avere ascoltato il bollettino della disfatta sui contagi e i caduti, siamo stati bombardati massicciamente dai virologi con le loro valutazioni sul covid19, i vaccini e le cure.
Non abbiamo nemmeno avuto il tempo di chiudere con lo stato di emergenza decretato dal governo, che è scoppiata la guerra vera tra Ucraina e Federazione Russa, con il coinvolgimento della Nato e quindi dell’Italia, il cui governo ha deciso, con il consenso quasi unanime del Parlamento di fornire armi letali agli ucraini per combattere contro l’invasore russo, con il rischio concreto di un’escalation nucleare da cui uscirebbe un’umanità brutalizzata.
In mezzo abbiamo visto l’innalzamento dei prezzi delle materie prime e dell’energia che ha quasi messo in ginocchio imprese e famiglie; una martellante e deprimente comunicazione catastrofistica sulla distruzione dell’ambiente; l’esplosione dell’inflazione come non si vedeva da tempo.
Sarebbe tutto normale, perchè la nostra condizione di precarietà come umanità è un eterno passare da un’emergenza ad un’altra, da un problema risolto ad uno nuovo da risolvere, da una allocazione di risorse ad un’altra, da uno stato fisico ad un altro. Tutto è un continuo transito da una situazione di equilibrio statico ad uno dinamico, e quando, nonostante un benessere diffuso ci si ferma ecco che interviene un fattore interno od esterno, che modificando le condizioni al contorno, rimette in moto il procedimento della vita.
Questa precarietà genera incertezza sia per la scarsità di risorse che di tempo, e pertanto ad essa si vuole dare una risposta o con gli scambi nella migliore delle ipotesi, o con gli scontri, anche cruenti, nella peggiore, soprattutto quando una delle parti pensa che attraverso l’uso della forza avrà più vantaggi che perdite. Potrà sembrare brutale ma anche questo passare da una guerra ad un altra o se preferite da una pace ad un’altra, con intermezzi relativamente tranquilli, genera un moto continuo ed armonico con picchi positivi e negativi.
Ma negli ultimi tempi ho come l’impressione che qualcosa si sia rotto in questo oscillare continuo, e che siamo rimasti in modalità “guerra”….cioè in una condizione di agitazione continua, che non ci permette di pensare ad altro che alla paura di una morte orribile sotto un tendone sanitario o sotto le macerie di un disastro nucleare. Ed intanto i virologi che avevano occupato lo spazio ed il tempo mediatico, adesso vengono soppiantati manu militari da generali, attempati ed in quiescenza, che ci spiegano strategie di conquista e resistenza, senza però nella loro carriera avere mai partecipato direttamente a nessuna guerra visto che l’Italia dal 1945 non ha partecipato a conflitti armati ma solo a missioni di pace. Persino durante la I guerra del Golfo non fummo mai ufficialmente in guerra con l’Iraq, tant’è che i due nostri aviatori Bellini e Cocciolone catturati dalla guardia di Saddam Hussein non ebbero mai riconosciuto lo status di prigionieri di guerra. In più il messaggio che arriva dal Parlamento italiano è l’aumento della spesa militare con il voto favorevole dell’opposizione ad esclusione di alcuni coraggiosi esponenti della sinistra pacifista. Si, perché ci vuole più animo a dire “fermiamo il massacro”, anche degli ignari soldatini russi che mi ricordano tanto i protagonisti delle storie che mi raccontano i reduci superstiti della disastrosa II guerra mondiale mandati a combattere senza capire nemmeno perché e contro chi, che a consegnare mitragliatrici mg ai civili che una volta imbracciatele diventano combattenti sottoposti così al diritto di guerra.
È certamente più facile applaudire all’iniziativa di alcuni premier europei di andare a Kiev che ad andarci personalmente, come fece Gianfranco Fini quando si recò a Bagdad da Saddam Hussein per chiedere la liberazione degli ostaggi o da Milosevic durante la guerra nella ex Jugoslavia. Ci vuole coraggio! Anche a sostenere, come dice Tommaso Romano, “nessuno tocchi Caino” nel senso che nessuno può arrogarsi il diritto di uccidere anche un assassino. E Cristo in croce disse “perdona loro perché non sanno quello che fanno” e sono in tanti a non sapere nemmeno quello che dicono e a correre verso il disastro.
Stiamo vivendo, come scriveva George Orwell in 1984, ben settantatre anni fa, uno stato di guerra mondiale perenne, da cui nessuno poteva scappare, che costringeva a vivere in una condizione disumana i superstiti di un fantomatico conflitto atomico, che continuava con armi convenzionali in cui i popoli dell’Oceania costituita da Americhe, Gran Bretagna, l’Irlanda, l’Australia, la Nuova Zelanda, e la parte centro meridionale dell’Africa governata dal Socing il “Socialismo inglese”, non ricordavano più con chi erano in lotta, se con l’Eurasia costituita da Russia, l’Europa continentale e l’Asia settentrionale, a partire dal Portogallo fino a raggiungere lo stretto di Bering sotto il controllo del neobolscevismo, nato dalle ceneri del Partito Comunista dell’Unione Sovietica o con l’Estasia fatta da Cina e le regioni a sud della stessa, il Giappone con le sue isole, ed una zona comprendente parte di Manciuria, Mongolia e Tibet che però non è ancora ben definita a causa delle guerre in corso con un regime di stampo totalitario e spersonalizzante, che porta all’omologazione e condanna l’individuo a uniformarsi ai dettami del governo.
Nessuno ricordava come fosse cominciato il conflitto, perché attraverso la riscrittura quotidiana della storia, la cancellazione del lessico “sempre meno parole, e lo spazio della coscienza sempre più ristretto” e l’imposizione della Novalingua si annullava la l’individualità critica e si alterava la percezione della realtà. Dice l’aguzzino O’Brien al povero Winston Smith “tu pensi che la realtà sia qualcosa di oggettivo, di esterno, qualcosa che abbia un’esistenza autonoma. Credi anche che la natura della realtà sia di per se stessa evidente. Quando inganni te stesso e pensi di vedere qualcosa, tu presumi che tutti gli altri vedano quello che vedi tu. Ma io ti dico, Winston, che la realtà non è qualcosa di esterno, la realtà esiste solo nella mente, in nessun altro luogo.”…“Il bene altrui non ci interessa, è solo il potere che ci sta a cuore. Non desideriamo la ricchezza, il lusso, la felicità, una lunga vita. Vogliamo il potere, il potere allo stato puro.”
E tutto questo perché “il potere non è un mezzo, è un fine. Non si stabilisce una dittatura nell’intento di salvaguardare una rivoluzione; ma si fa una rivoluzione nell’intento di stabilire una dittatura. Il fine della persecuzione è la persecuzione. Il fine della tortura è la tortura. Il fine del potere è il potere.”
Il rischio che corriamo è quello di non ricordare più come è cominciato tutto, il mondo come era prima, quali erano i nostri affetti e a cosa realmente tenevamo e magari, come Winston a Londra, passeggiando senza meta in un’oscura via appena bombardata, non si sa da chi, di finire a dare con estrema indifferenza un calcio ad una mano umana dilaniata dall’ordigno detonante, con razionamenti vari presentati come successi del gruppo dominante, succubi della manomissione del passato, sotto osservazione di una psicopolizia, a lavorare presso il ministero della verità, ad urlare durante i due minuti di odio quotidiano contro un nemico visibile ma non reale (cosa che già in parte è avvenuta) e sorvegliati dal Grande Fratello.
Un futuro terrificante, la stessa definizione che l’editore Fredric John Warburg diede al volume di Orwell, aggiungendo “un gran libro ma spero di essere risparmiato di leggerne uno simile in futuro”.
E non avendo nemmeno visto all’orizzonte la pace tra Ucraina e Russia, i media frattanto ci annunciano minacciosi il prossimo arrivo di una nuova variante covid omicron2 tannto per non farci perdere l’abitudine allo stato di emergenza, contestualmente ad un possibile razionamento dei beni di prima necessità perché comunque c’è la guerra.
Fortunatamente anche se la storia può essere manomessa, l’avvenire ancora no, ed una nota di positività me l’ha regalata un grande studioso, il prof. Raimondo Cubeddu, che nell’ultima nostra conversazione telefonica a queste mie riflessioni rispondeva “l’uomo è quello che vediamo, dobbiamo prepararci sì, ma al contempo conserviamo la speranza”.
In ogni caso continuo a sostenere, con l’aiuto di David Hume, che nonostante tutto questo mondo per una mente calma ed equilibrata sia la valle della gioia in cui i piccoli piaceri, che ci rendono la vita bella, sono molti di più delle pene e dei dolori o almeno ci spero.

Antonino Sala

Lo stato di guerra perenne…“La guerra è pace, la libertà è schiavitù, l’ignoranza è forza.”Orwell 1984ultima modifica: 2022-03-18T15:58:47+01:00da torreecorona
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