Aleksandr Dugin e la mano invisibile. Dio è con voi? Non saprei…

Aleksandr Dugin e la mano invisibile. Dio è con voi?

Ho letto con attenzione l’intervista ad Aleksandr Dugin, lo studioso considerato l’ideologo di Putin, rilasciata per il quotidiano La Verità, nella quale sostiene come quella che si sta combattendo in Ucraina oltre ad essere una guerra di “denazificazione” e di protezione della popolazione di origine russa del Donbass, è molto altro. Infatti si colgono tre elementi che la caratterizzano a dire del personaggio barbuto: il primo una battaglia contro le oligarchie mondiali; il secondo un conflitto contro il liberalismo rappresentato dall’Occidente definito l’Anticristo; terzo una visione messianica affidata da Dio alla Grande Madre Russia.
Tutto questo porta allo scontro tra il Grande Reset, a suo modo di vedere voluto dall’Occidente, e il Grande Risveglio per lui innescato dalla Federazione Russa. Inoltre secondo Dugin alla fine si potrebbe giungere alla restaurazione della Tradizione, anche se non ci dice nulla su quale, c’è solo un vago riferimento al Medio Evo e non si capisce perché questo ritorno per noi occidentali dovrebbe essere auspicabile visto che il loro era molto diverso dal nostro in termini di civiltà e civilizzazione.
Detto questo è chiaro che la visione che abbiano noi della guerra, al netto della propaganda da un lato e dall’altro, è assolutamente diversa da quella del pensatore russo, che fa il paio con quella del patriarca Kirill. Tutti e due portano alla stessa conclusione drammatica: quella del senso di accerchiamento, quasi metafisico, che la Russia sente come incombente. Tutti e due allora ricorrono al frasario tipico dei movimenti millenaristi, i quali credono nell’arrivo di una trasformazione del mondo dopo la quale “tutto sarà cambiato”, per esempio dopo un grande cataclisma (la III guerra mondiale) o un evento trasformativo di una non precisata natura. Si anela però un’estrema battaglia tra il bene, cioè loro, contro il male, il resto del mondo, con l’autosuggestione di stare dalla parte della verità, fors’anche in buona fede, e di avere un investitura sacrale per compiere tutto quanto è necessario perché trionfi la legge di Dio. È una visione strumentale? Forse. Anche se personalmente penso che ci credano veramente e questo è l’aspetto più pericoloso sia per l’Occidente che per l’Oriente, perché ripropone una idea gnostica utopistica di salvezza collettiva, di cui era impregnato il marxismo e prima ancora lo zarismo, che porterà alle peggiori conseguenze. Credere di avere una missione in terra di natura divina automaticamente pone i protagonisti della storia nelle condizioni psicologiche di pensare di potere compiere qualsiasi azione in nome di un investitura sacra ricevuta nella notte dei tempi. Non credevamo di rileggere, anche se tra le righe, “Dio è con noi” che tanto dolore proprio ai russi ha procurato.
Si apre così il tema del diritto divino di fronte al quale l’Occidente è disarmato perché non lo accetta più da secoli come legittimazione del potere politico.
La stessa idea di pace che abbiamo noi è diversa dalla loro: la nostra è fondamentalmente assenza di conflitto armato, in cui le nazioni competono su altri piani, come l’economia e da qui le sanzioni usate come proiettili sparati dalle Banche centrali utilizzate come corazzate per colpire l’avversario (sul ruolo di esse ho molte perplessità); dall’altra parte si pensa invece una pax legata alla giustizia di origine ultraterrena, e da qui il ricorso alla violenza che Deus Vult.
Mediare tra queste posizioni? Difficile anche se non impossibile.
Da questa diversità di approccio culturale nasce l’incomprensione da parte occidentale e di contro la paura di un assalto alle fondamenta della società da parte russa. Il timore che assale Dugin e Kirill, che giustificano l’azione in Ucraina, sta proprio nel pensare che la contaminazione con il mondo occidentale sia il peggiore dei mali, tant’è che lo stesso scrittore russo afferma nell’intervista di vedere come una cosa buona l’isolamento della Russia. La neutralità che invocano è una barriera principalmente culturale più che militare.
Tremano all’idea della libertà dell’individuo di fronte allo stato, per questo si scagliano con grande animosità contro quello che ci contraddistingue: l’idea, nata ad Atene con la critica filosofica, della limitazione del potere politico, codificata a Roma nel diritto ed arrivato ad oggi attraverso le libertà concrete del nostro medioevo e i pensatori del Regno Unito del 1600, che chiamiamo “liberalismo”.
Esso è demonizzato da Dugin, così da molti in Russia, perché mette al centro la libertà di scelta.
In un paese come la Federazione Russa che è passata dell’assolutismo zarista al totalitarismo comunista sovietico all’autocratismo contemporaneo è chiaro ed evidente che la “scelta” è considerata un rischio troppo alto, che in pochi vogliono correre nei pressi di Mosca. La sensibilità primordialiale di cui sono intrisi gli fa pensare l’uomo non come un essere dotato di autonomia di pensiero, ma come un bambino che va seguito dalla culla alla tomba per evitare che si faccia troppo male a giocare con la sua vita. Un “maternalismo” tipico dei regimi autoritari e totalitari, che deresponsabilizza l’individuo e che lo porta a giustificare le più turpi azioni, come i gerarchi nazisti a Norimberga, con il più banale del “ho obbedito ad un ordine”, magari ultraterreno e con la benedizione di un sacerdote.
In un tale sistema il mutamento può esserci solo attraverso lo scambio, il dialogo e la contaminazione culturale con l’Occidente, per questo ritengo che l’isolamento culturale della Russia imposto dall’alleanza atlantica, sia un gravissimo errore politico, sia per loro che rimarranno ancorati alla loro ristretta e primitiva visione del mondo, che per noi, che avremo sempre, se non un nemico, un “diffidente” alle porte pronto ad aggredirci più per paura che per bisogno. La censura operata verso i media della federazione poi ci impedisce di vedere e capire come loro ci giudicano e quale motivazione adducano ai loro comportamenti. E l’URSS si è sciolta più per mancanza di coca-cola che di petrolio.
E quindi come possiamo affrontare l’altro senza conoscerlo?
Un reale mutamento di prospettiva non è un problema di persona al potere. La Russia non sarebbe diversa se di botto cambiasse il suo presidente, perché rimarrebbe quella che sempre è stata: un grande impero primordiale, multietnico, polireligioso e pluriculturale.
In essa convivono 160 gruppi etnici che parlano circa 100 lingue diverse.
Per quanto riguarda le fedi l’istituto Sreda ha pubblicato i rilevamenti statistici di un sondaggio ad ampio campione condotto su tutto il territorio della Federazione, da cui risulta che il 46,8% dei russi (circa 58 milioni) sono cristiani (tra cui 41% ortodossi, meno dell’1% cattolici, protestanti, e il resto cristiani non confessionali), il 6,5% della popolazione (9.4 milioni) segue l’Islam (ma il sondaggio non raccolse dati in due regioni a maggioranza islamica, Cecenia e Inguscezia, la cui popolazione complessiva raggiunge i 2 milioni), mentre l’1,5% (1.7 milioni) varie forme di paganesimo e lo 0,5% (circa 800.000) il buddismo.
Il cristianesimo ortodosso, l’Islam, il buddismo e l’ebraismo sono religioni tradizionali della Russia e legalmente fanno parte del “patrimonio storico” del Paese. Il buddismo è una religione tradizionale in tre regioni della Federazione Russa: Buriazia, Tuva e Calmucchia. Alcune popolazioni turco-mongoliche e altaiche della Siberia e delle regioni dell’Estremo Oriente, Jakuzia e Čukotka, praticano il Tengrismo e altre religioni incentrate sullo sciamanesimo locale. Tra i russi etnici (slavi) vi è una forte ripresa della religione slava pre-cristiana (chiamata rodnoveria = “religione nativa”). La confessione religiosa segue principalmente l’etnia d’origine, dove gli slavi sono tendenzialmente cristiani ortodossi, i turchi musulmani e in generale le popolazioni mongoliche professano il buddismo.
Inoltre recenti statistiche affermano infatti che solo il 7% si dichiara ateo, un calo del 5% in tre anni.
La Corte Suprema Russa (su richiesta del Ministero della Giustizia) ha deliberato solo contro la Congregazione dei Testimoni di Geova, perché ritenuta una religione “estremista”.
Detto questo emerge un coacervo di sensibilità diverse ma che comunque si riconosce nella Grande Madre Russia. Un’umanità che è pronta a seguire il capo di turno, zar o presidente che sia, fino alla morte senza troppe domande, animata dalla volontà di rimanere comunque fedele a se stessa, identificando nell’altro da sé l’anticristo da abbattere come dice Dugin, una cultura che conosce solo il “o di qua o di la”.
Come trattare allora? Con il rispetto dovuto ad un corrucciato energumeno dotato di armi nucleari, con il dialogo intelligente, con un’apertura mentale inversamente proporzionale alla sua chiusura, con la speranza che con anni di scambi, discussioni e contaminazioni, possa cominciare a pensare che forse quello che è alla sua porta non è un nemico, ma solo un viaggiatore curioso o un imprenditore che vuole vendergli solo qualche libro di Hume e Mises o uno dei tanti prodotti del lusso italiano, in cambio di qualche metro cubo di gas naturale o di qualche barile di petrolio di cui la Russia è ricca.
Attuabile? ad oggi difficile, visto lo scontro frontale a cui assistiamo, ma alla mano invisibile tutto è possibile, ammesso che la si lasci operare.
Ma intanto per non portare il mondo alla catastrofe invocata da Dugin, bisognerebbe trovare una via d’uscita diplomatica ed accettabile per ambo le parti e forse il presidente della Repubblica Popolare Cinese Xi Jinping non ha tutti i torti a dire che “spetta a chi ha legato il sonaglio al collo della tigre il compito di toglierlo”.

Antonino Sala

Aleksandr Dugin e la mano invisibile. Dio è con voi? Non saprei…ultima modifica: 2022-03-23T17:06:35+01:00da torreecorona
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