Recensione di Vito Mauro su “Fonditori di campane a Burgio” edizioni ISSPE con introduzione di Antonino Sala

Si deve al libro di Rosario Lentini, Fonditori di campane a Burgio, edizione ISSPE, Palermo, 2014, l’informazione “…che a Burgio, un piccolo comune dell’agrigentino, a partire dall’anno 1500, si tramanda da nonno a nipote la singolare tradizione dell’arte della fusione delle campane”.

Si trova, infatti, a Burgio, nota come città dell’artigianato artistico, della ceramica, delle vetrate e delle campane di bronzo, la sede della “Campane Virgadamo” che da centinaia di anni di storia si conferma tra le più antiche officine fonditori di campane a conduzione familiare. La campana, diffusa anche in altre culture, le più antiche delle quali figurano anche in quelle orientali, è uno strumento utilizzato nel mondo cristiano per richiamare i fedeli alle funzioni, segnalare particolari ricorrenze o anche solo scandire il tempo. Il suo nome sembrerebbe derivare da “vasa campana”, che indicava appunto la forma a vaso rovesciato prodotta con il bronzo della Campania, ai tempi considerato il migliore, confermando come asserisce Antonino Sala nella presentazione del volume, “quale fosse la floridezza dell’antico Regno di Sicilia nel quale prosperavano e potevano avere sostanziose commesse artigiani artisti…”.
Nel volume, attraverso i vari scritti, oltre alla storia delle famiglie campanare di Burgio, quali i Baiamenti, gli Arcuri e i Virgadamo, si percepisce quanto quella della fusione dei bronzi sia un’arte antica, spesso tramandata per secoli da maestri artigiani. Come nel caso della fonderia Virgadamo è passato quasi mezzo secolo da quando la famiglia ha intrapreso quest’attività. Oggi è Luigi Cascio Mulè a proseguire l’attività e la
tradizione di famiglia che, con orgoglio, si basa ancora su tecniche e metodi di costruzione
risalenti a molti anni fa. Da qui l’opportunità manifestata dal titolare della fonderia di realizzare un viaggio della memoria, creando un museo della campana.  Le campane della famiglia Virgadamo vengono ancora oggi realizzate seguendo l’antica tecnica medioevale che prevede l’utilizzo di argilla, mattoni, carbone e la cottura a fuoco naturale.
Un lavoro lungo, oltre due mesi di tempo, che richiede molta cura e precisione in ogni sua
fase. Ciascuna campana è realizzata sulla base di un preciso modello che si compone di tre
parti: dal maschio o anima, dalla negativa o falsa campana e dalla cappa o mantello. Semplificando, possiamo dire che l’anima corrisponde all’interno della campana e si prepara utilizzando mattoni e argilla sagomati con una tavola di legno che gira intorno al pezzo in costruzione. La seconda parte è denominata falsa campana perché riproduce in tutto il risultato finale. Questa seconda fase consiste, infatti, nel ricoprire l’anima di argilla e imprimere tutte quelle caratteristiche specificamente richieste da chi ha commissionato il lavoro, come fregi, dediche o immagini. Si passa poi alla realizzazione del mantello, un’operazione che richiede molto tempo e attenzione e che consiste nella totale copertura della falsa campana. Questo modello viene quindi cotto con la particolare tecnica utilizzando un getto di gesso e uno di cera vergine di ape, che imprime sul mantello in negativo tutti i disegni. A questo punto si stacca il mantello e, dopo aver distrutto la falsa campana, viene nuovamente riposto sopra l’anima. Si può procedere con la colata di bronzo, una lega che contiene 78 % di rame e 22 % di stagno. Con una temperatura di colata intorno ai 1100 gradi, il bronzo scende nello spazio vuoto tra mantello e anima e lasciato raffreddare. Dopo aver distrutto l’intera copertura, la campana viene cesellata, corredata di un proporzionato battaglio di ferro e si procede con il collaudo musicale, altra importante e delicata fase, l’ultima prima di raggiungerà la destinazione finale, per suonare in maniera magistrale con rintocchi ritmati e con toni diversi. Rintocchi che hanno allietato e regolato la vita di molte generazioni, oggi progressivamente sostituiti da sofisticati mezzi elettronici, che fanno tacere la voce delle campane, di cui non rimane che conservare il ricordo. Le campane di Burgio suonano in molti paesi della Sicilia, (Burgio, Calamonici, Canicattì, Chiusa Sclafani, Ciminna, Corleone, Favara, Palazzo Adriano, Ribera, San Giovanni Gemini), dell’Italia e del mondo, come si evince dagli scritti di diversi autori, riportati nel volume, quali: Rita Cedrini, Antonino Giuseppe Marchese, Ignazio Navarra, Giuseppe Cusmano, Giuseppe Cacioppo.

Vito Mauro

Recensione di Vito Mauro su “Fonditori di campane a Burgio” edizioni ISSPE con introduzione di Antonino Salaultima modifica: 2014-12-30T18:04:09+01:00da torreecorona
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