Tre anni di impegno come Tradizional Popolare

Nino.jpgRispondo alla sollecitazione di un’amica che mi ha chiesto di riassumere il mio percorso umano e politico degli ultimi tre anni.

 

Il 30 gennaio 2011 ho fondato insieme a tanti amici e a Tommaso Romano il Partito Tradizional Popolare per dare voce in maniera provocatoria a quella Tradizione politica e culturale parte a cui ci sentivamo e ci sentiamo legati e di cui avvertivamo l’assenza.

Abbiamo intercettato e in qualche caso anticipato processi: come per l’incontro organizzato a Palermo con la senatrice Adriana Poli Bortone sulla costituente del sud o presentando per le elezioni comunali di Palermo con la nostra lista.

Sostenendo in incontri sia pubblici che privati l’esigenza di ricostituire un unico soggetto, magari in prima fase federale, tra i vari gruppi, movimenti e partiti che si richiamano alla stessa radice: lo abbiamo fatto a Lucca in Toscana grazie al meeting organizzato da Mauro Mazzoni di Alleanza Monarchica a cui partecipò anche Luca Romagnoli della Fiamma Tricolore, Julio Loredo di TFP ed altri soggetti ancora. Né abbiamo ribadito il concetto insieme a Silvano Moffa intervenuto in mio sostegno il 28 aprile 2012 al Grand Hotel delle Palme di Palermo in occasione delle elezioni comunali.

Abbiamo anche tentato per le elezioni regionali siciliane di far comprendere ai tanti amici che continuavano a stare dentro il PDL dell’esigenza di costruire e presentare una lista di chiara ispirazione tradizional popolare che sarebbe stata utile sia al candidato presidente Nello Musumeci sia per la rinascita del soggetto nuovo e più ampio cui spero si possa dare vita.

Intanto presso il monastero di San Lorenzo del Escorial, nella comunità autonoma di Madrid in Spagna, ho incontrato Javier Garisoain Otero segretario della Comunión Tradicionalista Carlista con il quale ho discusso dell’attuale situazione politica Europea e di ciò che sta avvenendo nei rispettivi paesi di appartenenza ravvisando idee e considerazioni molto simili che avvicinano le due formazioni politiche.

Questo incontro importante, è stato il preludio di una più ampia collaborazione fra le due realtà politiche, ma anche l’inizio di una sintesi organica tra i tanti partiti e movimenti presenti in tutta l’Europa che hanno idealità e valori ispirati alla comune fede cristiana e che insieme rappresentano l’unica e vera alternativa al disastro politico attuale. Infatti subito dopo come Partito Tradizional Popolare abbiamo aderito alla Liga Tradizionalista: la federazione europea dei partiti della Tradizione

Per le elezioni nazionali del febbraio 2013, proprio per cercare la via unitaria andai personalmente a Roma subito dopo capodanno a tentare di convincere Giorgia Meloni a far entrare nella lista di Fratelli d’Italia, il movimento sorto da una scissione del PDL, la Fiamma Tricolore. Insieme al generoso Luca Romagnoli, che non ebbe remore a tentare questa sorte, ragionammo con la Meloni dell’opportunità che si presentava di convogliare di nuovo in un unico soggetto tutto il consenso su cui si poteva contare in quel momento di crisi per raggiungere la soglia minima di sbarramento. Anche lì forse la presunzione di essere figli della fortuna e non avendo coscienza delle vere difficoltà di affrontare una competizione difficile con altre quattro liste (Fli, La Destra, Forza Nuova, Fiamma Tricolore) concorrenti sulla stessa area politica fece si che quest’accordo non si realizzasse nonostante le nostre insistenze fondate sui numeri. Sebbene ciò superando le resistenze interne e decidemmo di tentare lo stesso la carta dell’unità, partendo proprio da Fratelli d’Italia, viste anche le pressioni che gli stessi dirigenti nazionali e regionali ci rivolgevano per non frazionare il consenso.

Accettammo la proposta di candidatura, così Patrizia Allotta ci rappresentò al senato nella circoscrizione Sicilia, Giuseppe Ciulla ed io nella circoscrizione Sicilia 1. Il nostro contributo non mancò anzi fu importante. Uscì un numero speciale del nostro giornale la Torre del Sud in sostegno della lista ed organizzammo un’ affollata tavola rotonda come tradizional popolari il 16 febbraio 2013 all’Hotel delle Palme a cui aderì anche il vice presidente del Senato e cocoordinatore del Pdl siciliano Mimmo Nania , escluso senza nemmeno una motivazione valida dalla lista del suo stesso partito, che creò non poche fibrillazioni all’interno della sua fazione, timorosa di vedere rispuntare una certa sintonia in un ambito politico che pensavano di avere assorbito e quindi anche disattivato.

Il risultato finale delle elezioni non fu proprio esattamente premiale per Fratelli d’Italia, che si attestò su un 1,95% nazionale che permise certamente a nove candidati tra cui Giorgia Meloni e Ignazio La Russa di entrare in Parlamento come miglior perdenti ma al contempo, con il mancato accordo con la Fiamma Tricolore che presentò lo stesso le sue liste erodendo quel tanto che bastò a non fargli raggiungere la soglia minima del 2% per l’ingresso alla Camera dei Deputati, restò fuori anche La Destra di Francesco Storace arrivata subito dopo e quindi esclusa. Si pagò a caro prezzo un’insensata idea di primazia.

Fui tra coloro che intervennero alla prima assemblea nazionale di Fratelli d’Italia per decidere le linee guida e le strategie organizzative del nascituro movimento politico e sostenni che il ruolo di un partito di centrodestra difronte ad una crisi economica e politica senza precedenti, deve essere quello di elaborare tesi totalmente alternative a quelle perverse e deludenti imperniate sulla esaltazione della modernità. Dissi facendo storcere il naso a qualcuno “noi dobbiamo innovare contenuti ed azione politica partendo dall’idea che l’Italia è molto più ed oltre degli ultimi 150 anni di storia unitaria, mettendo in discussione il modello di stato centralista a favore di uno presidenzialista e federalista, aborrendo l’equazione euro=europeo, sfidando tutti gli altri partiti a cominciare dal PDpiùelle, dal PD e da Grillo sul piano di proposte concrete innovative ed “antieconomiciste” che riportino al centro la persona e non il profitto usuraio.”

A seguito poi fui nominato dal Comitato di Presidenza composto da Guido Crosetto, Ignazio La Russa e Giorgia Meloni, componente effettivo della costituente regionale di Fratelli d’Italia, non senza alcune critiche interne al PTP per l’evidente stridore di alcune tesi a dir poco eterodosse con le nostre, a cominciare dal nome troppo esposto e divisivo, ma la buona volontà di trovare un punto di riequilibrio per l’ambito a cui apparteniamo mi fece superare, almeno temporaneamente, tutte le remore che mi furono prospettate e iniziai il mio lavoro con entusiasmo e decisione.

Intanto si avvicinavano le elezioni amministrative in Sicilia, una sfida ardua per un soggetto che poteva contare su pochi aderenti di fatto e su una classe dirigente alquanto sfilacciata che da una parte era rimasta delusa perché il risultato in Sicilia non fù esaltante tanto da non permettere l’elezione di nessun candidato e visto “l’attaccamento” alla Camera dei Deputati e al ruolo mancato vidi subito quantomeno un disimpegno per alcuni garbato e per altri marcato. Di questa situazione relazionai a voce e per iscritto al comitato di presidenza, il quale fece orecchie da mercante, forse sperando che prima o poi la cosa sarebbe rientrata senza difficoltà.

Io mi sentivo responsabile, sia per gli amici che avevo trascinato nella lista nazionale sia per coloro che avevano mostrato interesse verso la nuova formazione che in solitudine stavo portanto avanti. Pertanto credetti opportuno incontrare l’on. Nello Musumeci leader dell’omonima lista e candidato alla presidenza della Regione Siciliana del centrodestra alla precedente tornata elettorale, nonché un nostro amico di vecchia data, con il quale discutemmo sulla necessità e della possibilità di riannodare i fili di una Tradizione politica totalmente alternativa a quella del centrosinistra. Tutti e due arrivammo alla conclusione che c’erano i margini sia per costruire quei ponti necessari a unire le destre italiane demolendo le barriere che hanno diviso sensibilità diverse ma animate da valori di fondo comuni, soprattutto attualizzando il messaggio politico senza nostalgismi inutili e fin troppo spesso incapacitanti.

Nel frattempo, visto il disastro del governo Crocetta senza maggioranza all’assemblea siciliana, come Partito Tradizional Popolare lanciammo un’idea, purtroppo non raccolta, che avrebbe potuto mettere tutto il fantomatico centrodestra nelle condizioni di dimostrare che era realmente capace di mettere in campo un’alternativa alla rivoluzione crocettiana, chiedendo di presentare subito un governo ombra fatto di persone di spessore culturale e politico, che alla luce del sole sfidasse il governatore di minoranza su tutte le questioni con proposte alternative e credibili. Un’occasione persa perché a pochi mesi dalla nostra iniziativa il presidente della Sicilia si trovò ad essere scaricato anche dal suo partito il PD e pertanto costretto a ricercare in aula e tra le opposizioni una possibile intesa per sopravvivere con l’aggravante che dalle parti del centro destra il vuoto di proposte fece si che subito qualcuno azzardasse la soluzione delle cosiddette “larghe intese” per sedersi al banchetto del potere.

In tutto questo grazie all’intraprendenza e a un po’ di faciloneria di alcuni dirigenti agrigentini, Lillo Pisano e Giuseppe Ciulla, mi ritrovai a dover risolvere un caso finito sui giornali locali e nazionali: la nomina nella giunta provinciale di un assessore Fabiola Mazzarella in quota Fratelli d’Italia, che per le consuete invidie veniva contestata. Addirittura improvvidamente un sms privato finì pubblicato sul Giornale di Sicilia, causando non poca irritazione nell’allora Presidente della Provincia regionale di Agrigento Eugenio D’Orsi dal quale mi recai con tutti gli interessati e con l’autore del messaggio per chiarire e risolvere il tutto, una cosa debbo dire non facile vista anche la litigiosità dei personaggi in scena.

Il 25 aprile organizzai a Burgio presso la piazza Nassirya presso il monumento in piazza Caduti per la Patria su cui sono incisi i nomi degli eroi della Grande Guerra, tra cui il fratello di mio nonno Rosario Sala, la deposizione di un omaggio floreale in memoria dei combattenti di tutte le guerre dell’Italia recente: dai soldati delle Due Sicilie e dai Briganti a quelli dell’esercito del Regno d’Italia, dai militari della Repubblica di Salò ai Partigiani, dai caduti delle missioni all’estero dell’Italia Repubblicana alle vittime della criminalità e del terrorismo a cui parteciparono: Fabiola Mazzarella per la Provincia Regionale di Agrigento, Franco Matinella per il comune di Burgio, Gaetano Cottone del PTP già nostro fondatore, Giuseppe Ciulla di Fratelli d’Italia, il caro amico prematuramente scomparso Alessio Spitaleri, Mariano Bonaccorso già consigliere comunale del paese, Giuseppe Modica, Benedetto Gaeta, e un rappresentante della locale stazione dei Carabinieri.

Abbiamo con umiltà anche dato un suggerimento ai deputati di Fratelli d’Italia per l’elezione del Presidente della Repubblica proponendogli dei nomi di prestigio, al difuori della sfilza di parrucconi buoni per tutte le stagioni di cui gli altri partiti discutevano con molto fervore, in maniera da qualificare la presenza in Parlamento di una destra seria, di altissimo spessore culturale ed innovativa. Le figure che appartengono alla migliore tradizione italiana senza timore di smentita, per noi potevano essere: Riccardo Muti, Franco Cardini, Tommaso Romano, Marcello Veneziani, Piero Vassallo, Roberto De Mattei, Ida Magli, Angela Pellicciari e Vittoria Alliata. Sarebbe stato un segnale forte esprimere delle personalità che da sempre offrono un’immagine dell’Italia  degna della sua storia, ma soprattutto che non erano invischiate con gli schemi partitocratici che hanno caratterizzato e bloccato la II Repubblica. Tutto inutile.

Intanto arrivarono le elezioni amministrative e fummo protagonisti in alcuni centri con liste direttamente di area, come a Castellammare del Golfo, dove in sostegno del sindaco ma principalmente di Alessandra D’Aguanno, giovane e brava assessore uscente, mi recai a tenere il comizio di apertura, sia con le liste civiche in cui erano presenti nostri amici e simpatizzanti.

Durante questa tornata andai anche a Messina in sostegno della lista FDI e lì ebbi modo di conoscere ed apprezzare i giovani e i candidati che si stavano spendendo per il risultato, tra cui Federico Merlo il coordinatore cittadino.

Ma il risultato che più mi gratificò, essendo per il paese di origine della mia famiglia, fu quello di Burgio, in cui avevamo deciso di sostenere il sindaco uscente Vito Ferrantelli e Franco Matinella (tutti e due capaci e animati da buona volontà) ma anche Vita Spataro e Carmela Bellavia, in cui fummo decisivi, grazie a Gaetano Cottone, sia sul piano strategico operativo e ideologico della campagna elettorale, sia su quello più squisitamente politico, proprio per il fatto che il distacco tra i due candidati sindaci non fu abissale ma anzi ristretto: una vittoria sofferta ma bella.

Comunque le elezioni amministrative avevano sancito tre fatti importanti:

 1.      Il centrodestra rappresentato dal Pdl non rappresentava più l’elettorato che negl’ultimi 20 lo ha sostenuto votandolo convintamente, portandolo così al governo della nazione, di molte regioni e di tantissimi enti locali. Si è palesato il fatto che chi per anni aveva sostenuto l’equivoco del Popolo delle Libertà aveva scelto l’astensione per mancanza di rappresentanza e per miscredenza in una classe dirigente che è tutto e il contrario di tutto come il suo capo Silvio Berlusconi che continuava ad interessarsi moltissimo dei suoi problemi e pochissimo di quelli degli italiani.

 2.      I dirigenti politici non si inventano, cooptandoli attraverso le consorterie di partito o di loggia, perché a lungo termine determinano poi il fallimento dell’intera coalizione. Un esempio concreto? a Palermo, il luogo da cui è partita la slavina di oggi, dove il Pdl, insieme alla maggioranza di estrema sinistra di Orlando, aveva votato l’istituzione del registro delle unioni civili, nonostante a parole a Roma alcuni dei suoi maggiori esponenti ripetevano come un mantra di voler sostenere la famiglia fondata sul matrimonio. Ma anche chi aveva dimenticato da dove viene e i suoi vecchi compagni di strada alla fine venne dimenticato a sua volta, è questo il caso di personaggi come Alemanno passati dall’estrema destra sociale rautiana al liberismo scic di Oscar Giannino con qualche punta di montismo nel nome di un europeismo anticristiano e antipopolare tanto gradito alle consorterie potenti.

 3.      Fratelli d’Italia otteneva qualche buon risultato e conquistava posizioni nelle piccole e medie realtà (forse perché tuttora ancorate ai valori della Tradizione), ma il dato complessivo continuava a rispecchiare globalmente quello delle elezioni nazionali, così per La Destra, Fiamma Tricolore ed altre piccole realtà minori.

Poi unitamente alle scarse percentuali dei candidati sostenuti dal Pdl, cosa da noi ampiamente prevista qualche anno fa quando insieme a Tommaso Romano fondammo il Partito Tradizional Popolare proprio per affermare che il berlusconismo non rappresentava il popolo della destra e i suoi valori, si registratò un altissimo astensionismo, non più drenato da Grillo, che ci fa pensare che nessun partito riesce credibile agli occhi dell’elettore medio.

Ecco perché credo che debba esserci un processo di rinnovamento vero, con la consapevolezza che non è un percorso facile seppur possibile, a cui serve un surplus di fatica intellettuale per trovare formule politiche innovative che sappiano riportare a casa i nostri elettori. Ma soprattutto vanno rotti gli schemi incapacitanti e vetusti di un centrodestra fasullo e incredibile che promette molto in campagna elettorale e smentisce tutto il giorno dopo. Ripartendo da destra, senza paura.

Nel frattempo decisi, non senza travaglio, di dimettermi dalla costituente di Fratelli d’Italia per diverse ragioni, ritornando alla piena libertà di azione come segretario del Partito Tradizional Popolare: sia per il perdurare, nonostante le sollecitazioni che più volte avevo rivolto, di una insostenibile situazione organizzativa e politica che io in questi mesi, nonostante la latitanza voluta degli altri dirigenti siciliani, avevo colmato raggiungendo anche significativi risultati e operando con le mie sole forze, anche economiche, girando in lungo e in largo la regione senza mai ricevere un minimo di sostegno di qualsiasi natura se non trame alle spalle ingiustificate ed ingiustificabili in una compagine che si dice di destra e che pratica invece un sostanziale settarismo legato all’affermazione personalistica più che a quella di principi e valori che a parole si professa, sia per la scarsa attenzione rivolta alle questioni territoriali dalla dirigenza nazionale malgrado generici assenzi, e poi principalmente  per la confusione culturale generata dal tentativo maldestro e goffo di mettere insieme il diavolo e l’acqua santa come ad esempio citare sia Giovanna d’Arco che la Rivoluzione Francese o altre amenità simili come il sostenere che la cosiddetta destra avrebbe le sue radici nel Romanticismo e in un mal compreso Risorgimento trascurando che esse sono ben più profonde e pertanto andrebbero studiate ed interpretate meglio, ammesso che se ne abbia la voglia, condizione imprescindibile per la ricostruzione della vera destra. Aggiungiamo poi un vetero nazionalismo accoppiato ad una idea perdente dell’Europa che andrebbe totalmente riconsiderata, la logica correntizia uno dei mali peggiori della destra, a cui sono sempre stato estraneo, che non permette l’apertura di fatto del partito a nulla che non sia direttamente riconducibile ai colonnelli romani e un incomprensibile albagia di posizione che blocca un ragionamento serio su un soggetto unico e credibile dell’area di nostra provenienza necessaria in questo momento storico politico.

Certo il tempo per organizzarci sul territorio o meglio per strutturarci è breve, ma non mancano le persone di buona volontà e di ottima formazione politica e con un surplus di umiltà da parte di tutti i soggetti interessati a questo processo dimostreremo che lo spazio per una destra altra ed alta è ancora possibile, ed è per questo che continuo ad impegnarmi e a cercare negli altri più motivi di convergenza che di frizione tenendo presente che la nostra opera è sempre sotto il sommo giudice, Cristo Re dell’universo, e solo se lui vorrà potremo un giorno brindare alla fioritura ancora una volta della più bella Tradizione italiana.

Nino Sala

 

 

Tre anni di impegno come Tradizional Popolareultima modifica: 2013-10-18T13:03:45+02:00da torreecorona
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