Marcello Veneziani: La dignità non in vendita

Marcello Veneziani dice addio a “Il Giornale”, organo di stampa della famiglia Berlusconi, dopo anni di collaborazione leale e proficua. Il rammarico e l’amaro in bocca a lui, ma anche a tanti, tra cui anche io, suoi estimatori sono la cifra di questa giornata: il rammarico perché se c’era un motivo valido per comprare “Il Giornale” era proprio per la presenza del CUCU’ di Veneziani che con sagacia ed intelligenza, riusciva a far passare idee, forse poco gradite al manovratore senza rotta del c.d. centrodestra, ma molto apprezzate dai suoi lettori. L’amaro in bocca perché si mette il silenziatore ad una voce libera, autenticamente di destra a differenza di altri che invece si sono solo camuffati a destra per sbarcare il lunario o per occupare una poltrona comoda e ben retribuita, onesta e sopratutto leale anche nelle giuste critiche a chi avendo chiesto il consenso a destra lo ha utilizzato troppo spesso per accordarsi con la sinistra per interessi esclusivamente personali. Purtroppo il mondo da cui proviene Marcello Veneziani è naufragato nell’incultura, nella miscredenza, nell’ossequio al padrone di turno, nella ricerca dell’approvazione dall’avversario politico, nel lecchinaggio verso i poteri forti ed occulti dei salotti “buoni”, nella costante ricerca del potere fine a se stesso senza una reale e concreta alternativa ideale, ma quel che peggio nell’inconcludenza e infine nello smarrimento e in diaspora. Aggiungo che le recenti prove per una ricostruzione a destra (escludendo la nuova Lega di Salvini che merita una riflessione a parte)  sono tentativi, se pur lodevoli, incapacitanti perché ahimè privi di consistenza culturale, vagheggiamenti funerei di presunti momenti dorati di cui in pochi si ricordano e ne anelano il ritorno.  Bisognerebbe eliminare il vezzo di pensare che la destra possa essere ridotta al reducismo di periodo: di Mussolini e del fascismo negli anni del dopoguerra, oggi di Almirante e del Movimento Sociale Italiano; i periodi storici vanno consegnati agli studiosi per analizzarne la natura, i fatti e i risvolti sul presente e non a poco preparati personaggi in cerca di collocazione per inventarsi una propaganda mascherata da politica senza una autentica prospettiva concreta. La destra è principalmente una comunità di destino, ma che ancora non si è ricostituita: forse perché mancano veri leader che possano farla rifiorire e fors’anche perchè non ci sono nemmeno i simboli per farla riconoscere ai più come per esempio un Re o un aspirante tale. Oggi ancor di più mi sento vicino a Veneziani quando nella lettera di addio al giornale, che troverete subito appresso al mio commento, scrive “Chi ha idee come le nostre non è facile che trovi tribune accoglienti”, purtroppo è vero perché “È il prezzo amaro della libertà e dell’incapacità di essere cortigiani, ruffiani e puttani.” E’ questo prezzo Veneziani lo ha già pagato. Auguro a Lui e a tutti noi di trovare presto un’altra isola, in cui un intellettuale capace ed efficace come Veneziani possa dare il suo libero contributo di idee, forse scomode ma sempre intrise di verità.

Antonino Sala

Cari Lettori,
ora vi spiego. Siete in tanti a scrivermi e telefonarmi per sapere come mai non appare più il cucù sul Giornale. Non posso andar via come un clandestino. Il Giornale mi ha comunicato la decisione di chiudere il mio rapporto di lavoro. Subito o al più entro l’estate. La decisione dell’Editore è presa e finirà in modo consensuale. La motivazione formale è lo stato di crisi dei giornali e del Giornale stesso che impone tagli e prepensionamenti. Al Giornale, si sa, esprimevo una linea dissonante, la mia rubrica era un’isola. Cominciai a scrivere sul Giornale venticinque anni fa, chiamato da Indro Montanelli, ne uscì quando mi parve che la sua posizione non rappresentasse più i suoi lettori e la necessità di una svolta nel Paese; vi ritornai con Feltri per due volte. Lascio a ciascuno pensare al risvolto politico, giornalistico, ma anche umano e professionale, della vicenda in corso; vi risparmio il mio stato d’animo.

Chi ha idee come le nostre non è facile che trovi tribune accoglienti. Tengo a farvi conoscere lo stato delle cose, senza polemiche, anche per rispondere a quanti in precedenza mi chiedevano come mai la rubrica quotidiana saltava così spesso negli ultimi tempi, non per mia negligenza. Ho un ruolo pubblico, rappresentativo di un’area d’opinione, la mia attività è esposta in vetrina ogni giorno. Dunque è giusto essere trasparenti fino alla fine e giustificare a voi lettori, che siete i miei veri editori, la futura assenza e la scomparsa della rubrica cucù, dopo quattro anni di vita. Ho già vissuto situazioni analoghe, alcuni ricordano precedenti esperienze, censure, licenziamenti, casi come l’Italia settimanale ma non solo. È il prezzo amaro della libertà e dell’incapacità di essere cortigiani, ruffiani e puttani.

Non è un mistero che da tempo reputo conclusa la parabola politica di Berlusconi: da anni non esprime una posizione politica e non interpreta il sentire del suo popolo, perché è preso nelle proprie vicende e nella tutela, pur comprensibile, dei suoi interessi. Lo scrivo da tempo, in un crescendo di toni, da La rivoluzione conservatrice in Italia, ed. 2012 (“la fine del berlusconismo”), poi sul Giornale stesso e giorni fa sul Corriere della sera. Criticai pure la “pascalizzazione” di Berlusconi, i messaggi sulla famiglia, i trans, l’animalismo. Non ebbi esitazioni a criticare Fini quando era ancora in auge, perché ritenevo che stesse uccidendo la destra, e il tempo poi ci dette amaramente ragione. Per lo stesso motivo non ho esitato a dire che Berlusconi fu la causa principale del trionfo elettorale e poi della dissoluzione del centro-destra. Lo portò al governo e poi alla rovina, col concorso determinante di poteri ostili e alleati ottusi, giudici e media; aggregò forze diverse e poi le disgregò. Espulse pezzi uno dopo l’altro, fino al vuoto, farcito di quaquaraquà.

Le mie idee saranno giuste o sbagliate, lo dirà la prova dei fatti, ma quei giudizi nascono da un ragionamento, privo di rancori o vantaggi personali, mosso da passione di verità e da una testimonianza di vita e di coerenza, costi quel che costi. Cercherò di non chiudere il rapporto con voi che mi seguite da tempo e siete abituati al gusto aspro della libera verità, anche quando è scomoda, per noi stessi o per chi abbiamo, in spirito di libertà, sostenuto. Finché ne avrò la possibilità, scriverò dove mi sarà permesso dire quel che penso, e non mancherò di far sentire la mia voce e anche i miei pensieri dell’anima, quelli meno legati all’attualità.

Vi voglio bene, sul serio

Marcello Veneziani

Marcello Veneziani: La dignità non in venditaultima modifica: 2015-03-04T19:52:20+01:00da torreecorona
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