Meglio un filosofo che un manager come candidato sindaco a Roma come altrove, perché è sempre meglio la Cultura che la tecnocrazia.

In questi giorni abbiamo assistito forse alla resa definitiva del Sindaco Marino, che si è riservato entro venti giorni anche di non arrendersi, sperando che qualche aiuto giunga da non bene identificate forze consiliari. Lascio a voi, decidere sull’operato del Sindaco di Roma, per conto mio credo che abbia fatto molto fumo e poco altro, pensando più ai colpi di teatro “arcobaleno” e meno ai bisogni reali della più bella città del mondo. Nonostante ciò però mi sorge qualche dubbio su di lui quando vedo che è riuscito a mettere tutti d’accordo nel volerlo cacciare ad ogni costo: dai cattocomunisti vaticani a quelli nostrani, dai più intransigenti puristi del rinnovamento ai più oltranzisti conservatori, dagli imprenditori di sinistra che piacciono a una “equivoca” ed ambigua destra agli esponenti del radicalismo pseudo nazionalista, dai chi urla contro il regime di Renzi e poi per sostenerlo vota le sue presunte riforme alla costituzione in barba al fatto che era stato eletto per fare tutto il contrario ai dirigenti del PD che prima lo osannavano o dopo lo deprecavano e scaricavano, forse perché allontananti dalla mangiatoia comunale grazie alle inchieste giudiziarie. Persino Renzi, che avrebbe fatto le stesse cose di Marino a quanto scrive oggi LIBERO “Il giovane Matteo Renzi, da presidente della Provincia di Firenze, ha speso 70mila euro in trasferte negli Usa e 600mila euro al ristorante. Su queste spese di rappresentanza (in totale quasi un milione di euro) sostenute rigorosamente con la carta di credito istituzionale (come Ignazio Marino a Roma), hanno indagato Procura e Corte dei Conti, e sottolinea il Fatto quotidiano con un certo ritardo, aprendo un fascicolo solo nel 2012. L’inchiesta della Procura fiorentina si è chiusa con un nulla di fatto, perché quelle spese sono state considerate lecite in quanto “effettuate nel corso del suo mandato” adesso fa finta di non sapere che il disastro a Roma è stato causato dalla gestione complessiva della vicenda e dalla forsennata idea che, per essere un buon sindaco, basta essere un pò trendy, magari con un curriculum con qualche collaborazione, pure questa finita maluccio, in un istituto americano o un manager come consiglia Silvio Berlusconi, uno che ne sa parecchio in fatto di errori politici, improvvisatori al comando, nani, ballerine e sbeffeggiature nazionali ed internazionali (basta vedere cosa si è legiferato sulla scuola e come l’Italia era messa alla fine del 2011 sotto il suo governo). In politica, come nella vita, non si inventa nulla ma tutto si costruisce con il tempo, l’esperienza e lo studio. Purtroppo l’ultima proposta per esempio di presentare candidati sindaci che abbiamo capacità “manageriali” per gestire come una grande azienda la cosa pubblica è la peggiore che si potesse sentire. Gli amministratori debbono avere alcune caratteristiche, di cui i manager, specialmente quelli provenienti dall’alta finanza, ne hanno dosi alquanto trascurabili perché orientati solo all’utile economico vedi il caso esemplare della teutonica Volkswagen: essere competenti, onesti con se stessi e con gli altri, disinteressati, capaci, dotati della necessaria umanità e in primis culturalmente consapevoli con una visione del mondo e della realtà senza fantasie o strambezze newage, per cui vedere recarsi al lavoro in bicicletta il sindaco Marino o il presidente del consiglio Renzi è più importante, che assistere alla risoluzione di uno solo dei problemi dell’italiano medio. Il quale ogni mattina è costretto a viaggiare dentro carri bestiame chiamati tram, metro o autobus o peggio costretto a rimanere imprigionato nel traffico mefistofelico, vedi per esempio Palermo, dove la realizzazione di un ormai sorpassato tram voluto dal Sindaco Leoluca Orlando a sugello più della sua autoreferenzialità che di una reale utilità ha reso la viabilità urbana una trappola mortale. Non servono fantasie e fantasiosi o peggio ancora rivoluzionari al governo delle nostre città e regioni, ma uomini concreti. Se guardiamo poi al caso Sicilia possiamo osservare direttamente le conseguenze della rivoluzionaria, pasticciata, affrettata e improvvisata eliminazione delle Provincie che ha causato tre effetti evidenti: primo la mancata manutenzione delle strade provinciali che difatti stanno crollando una dopo l’altra trascinando con se l’intera viabilità regionale spaccando in tre la Sicilia; secondo la cancellazione di un pezzo di democrazia reale: infatti sono stati cancellati i Presidenti della Provincia e i consigli provinciali eletti direttamente dal popolo per sostituirli con commissari nominati dal governo regionale senza legittimazione popolare e quindi senza nessuna autorità per chiedere o negare qualcosa alla controparte governativa da cui dipendono essi stessi; terzo l’impossibilità di vedere emergere una classe politica formata nelle amministrazioni locali di livello intermedio, come lo stesso Renzi.

A chi affidarsi allora? Certamente non ai manager perché il rischio potenziale è di vederli scappare con la cassa, alcune inchieste molto note portate avanti dalla magistratura italiana parlano chiaro, o con gli abiti stracciati dai dipendenti delle aziende che dicono di voler risanare come quelli di AirFrance, non ai rivoluzionari di professione o di maniera, non ai giovani in quanto tali perché spesso risultano poi ignoranti, arroganti ed anche inetti, non agli imprenditori con troppi interessi da tutelare, non ai tecnocrati che tentano di soppiantare definitivamente la politica, ma quegli uomini di cultura, che nello scenario attuale svettano come giganti sui presunti leader della destra e della sinistra e sui loro modesti accoliti: ai filosofi, come direbbe Platone.

“Ad un certo punto mi feci l’idea che tutte le città soggiacevano a un cattivo governo, in quanto le loro leggi, senza un intervento straordinario e una buona dose di fortuna, si trovavano in condizioni pressoché disperate. In tal modo, a lode della buona filosofia, fui costretto ad ammettere che solo da essa viene il criterio per discernere il giusto nel suo complesso, sia a livello pubblico che privato. I mali, dunque, non avrebbero mai lasciato l’umanità finché una generazione di filosofi veri e sinceri non fosse assurta alle somme cariche dello Stato, oppure finché la classe dominante negli Stati, per un qualche intervento divino, non si fosse essa stessa votata alla filosofia.”

“Ci sarà un buon governo solo quando i filosofi diventeranno Re o i Re diventeranno filosofi.(Platone)”

Lo so, forse chiedo troppo, un Re filosofo, ma alla speranza non c’è limite….atteso il fatto che oggi purtroppo ci sono in giro pochi veri filosofi e molti mestieranti del pensiero (debole).

Antonino Sala

Meglio un filosofo che un manager come candidato sindaco a Roma come altrove, perché è sempre meglio la Cultura che la tecnocrazia.ultima modifica: 2015-10-11T18:53:02+02:00da torreecorona
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