Referendum? Questo è solo l’inizio! Salvini, Berlusconi e Meloni & Co. convochino un’assise delle migliori intelligenze d’Italia prima che sia troppo tardi

Allegoria del Buon Governo di Ambrogio Lorenzetti

Il risultato del referendum del 20 e 21 settembre 2020 ci consegna un Parlamento ridotto, un’idea di democrazia rappresentativa indebolita ed un Italia sempre più incagliata nelle secche della demagogia. Seguo con attenzione ed apprensione il dibattito che si è scatenato sul duplice risultato delle elezioni e quello che denoto è l’assenza di una seria analisi da parte delle forze di centrodestra sul perché di un risultato magro, anche se in parte premiante vedi il caso delle Marche, nonostante ci fossero tutte le premesse perché si potesse raggiungere un obbiettivo molto più ampio.
Credo che sostenere in quella maniera acritica la riduzione dei parlamentari sia stato un grave errore politico da parte sia della Lega che di Fratelli d’Italia ed in parte di Forza Italia, non solo perché in assenza di una vera ed organica riforma del nostro sistema istituzionale che prevedesse l’abolizione del bicameralismo perfetto e l’introduzione del presidenzialismo o del premierato, ma perché avallare una delle battaglie più riconoscibili e radicali dei 5 stelle ha significato abdicare al ruolo di guida per una nazione.
La politica infatti non può essere solamente interpretazione dell’ultimo sondaggio di opinione, ma dovrebbe avere la forza ed il coraggio di indicare vie alternative alle facili scorciatoie populiste ed essere capaci di sfidare il proprio avversario sul piano del confronto e della proposta. Cosa che i principali attori del centrodestra, Salvini, Berlusconi e Meloni per primi, non hanno voluto o saputo fare, consegnando così la vittoria reale e morale ai pentastellati di Di Maio, che seppur ridotti nelle percentuali alle elezioni regionali hanno concretizzato una delle loro proposte storiche con la complicità dei suddetti. Ricordo a me stesso che l’obbiettivo di Grillo era quello di modificare l’assetto istituzionale della Repubblica non raggranellare qualche consigliere regionale in più, ed in questo da buon rivoluzionario riconosco che ci è riuscito anche sacrificando qualche milione di voti, come avrebbe fatto un generale sovietico sul campo di battaglia difronte ad una storica e possibile vittoria.
Non aver combattuto perché il 30% di No divenisse maggioranza, aggiunge una nota di amarezza proprio per le percentuali conquistate dai partiti di centrodestra alle contestuali regionali. È stata un’occasione persa per dimostrare la capacità di traino dei leader “sovranisti” su questioni fondamentali, e l’allineamento all’avversario ha avuto il sapore di una ennesima Caporetto delle forze nazional patriottiche e conservatrici, come loro stessi si definiscono. Questo scenario ha poi determinato anche un allentamento della tensione negli ultimi giorni, che ha permesso il recupero da parte dei candidati presidenti del PD in Toscana e Puglia, l’elettorato infatti lasciato in balia delle più facili pulsioni demagogiche si è orientato sull’usato sicuro non intravedendo dall’altro lato una proposta chiara che facesse da propulsione della campagna elettorale regionale. Infatti da un alto si invocava la spallata al governo PD 5S e le relative elezioni anticipate in caso di vittoria del centrodestra e dall’altro si indicava il SI al referendum che come immediata conseguenza avrebbe determinato il consolidamento del Conte bis, perché era fin troppo scontato che poi si sarebbe parlato di legge elettorale e ridefinizioni dei collegi, certamente non una questione da poco che richiederà tempo, con tra l’altro l’incombente semestre bianco per l’elezione del nuovo Presidente della Repubblica in cui non è costituzionalmente consentito sciogliere le camere. Una confusione di idee ed azione che ha poi surrettiziamente orientato gli elettori verso i candidati uscenti del PD che non solo hanno giovato della gestione della crisi sanitaria dovuta al Covid19, ma hanno saputo approfittare dell’incertezza della proposta avversaria. Il risultato? La conferma degli uscenti, la vittoria del SI al referendum sostenuto anche dal PD e il consolidamento del governo giallo rosso.
Qualcuno dirà “abbiamo confermato gli uscenti di centrodestra e conquistato le Marche”, a parte la capacità di Toti e Zaia ed anche loro hanno beneficiato dell’effetto Coronavirus, proviamo a ragionare in termini numerici: la Campania ha una popolazione di 5.802.000 anime, la Puglia di 4.029.000, la Toscana 3.730.000 per un totale amministrate dalla sinistra di 13.561.000; invece le Marche di 1.525.000, la Liguria di 1.551.000, il Veneto 4.906.000, la Valle d’Aosta 125.666 per un totale governate dal centrodestra di 8.107.666. Risulta così evidente lo squilibrio tra coloro che subiranno la politica di Zingaretti & Co. e gli altri. L’avanzata del cdx si riduce ad una piccola regione con un numero ridotto di abitanti, rimanendo in mano alla sinistra quasi il doppio degli abitanti nonostante gli sforzi e l’impegno dei candidati e dei leader.
Questo dovrebbe spingere ad un ulteriore riflessione i leader e se mai le riuniranno, anche solo come sfogatoio interno a cui i militanti hanno diritto, le loro direzioni nazionali: si può pensare di vincere le prossime elezioni nazionali in questa situazione? È possibile un ribaltamento in termini di politica culturale in Italia? Secondo me no!
Ragionare per territori e non per abitanti ridurrà di molto le prospettive di un riscatto, vista anche l’idea dell’attuale maggioranza di far passare una legge elettorale proporzionale dove conteranno di più il numero di voti totali, e da che mondo è mondo il 20% in Campania è molto di più del 40 nella Marche, signori miei.
Condividendo le analisi a caldo sia di Marcello Veneziani che di Francesco Giubilei ed in parte di Paolo Mieli, su gli ultimi scenari e sui protagonisti nel campo moderato, e leggendo le dichiarazioni dei vari capi partito del centrodestra mi rendo conto che c’è poca volontà di guardare in faccia la realtà per trovare una linea coerente con la propria identità ma soprattutto di attrarre e guidare quella maggioranza silenziosa di centro destra che in gran parte non è andata a votare o che si è ritrovata, come il sottoscritto, tra i NO a questa riforma.
Il presidente della Liguria Toti ha rilasciato subito dopo la sua rielezione una intervista molto efficace, nella quale sostiene che bisogna aprire il campo dei moderati a tutte le forze che si riconoscono in una base ideale comune e che in determinati momenti della storia d’Italia hanno fatto la differenza in termini elettorali. Aggiungo anche che in questa tornata elettorale al centro destra è mancato il centro, cioè una autentica forza liberale e popolare che facesse da valore aggiunto alla coalizione, come lo era Forza Italia ed il CDU, inoltre sia Salvini che la Meloni, dovrebbero agire non per intercettare il consenso ma per crearlo intorno alle loro proposte, che per certi versi tardano ad arrivare su cultura, economia, scuola, università, ricerca scientifica, lavoro, eccetera eccetera.
Non bastano gli auguri sorridenti di “una buona domenica” su Facebook, serve ben altro per contrastare l’ideologia del transumano, teorizzata nel “Manifesto per una politica accelerazionista” di Alex Williams e Nick Srnicek, o il pensiero neosocialista che si annida nelle statalizzazioni di molta economia reale ad opera del governo, vedi il caso Alitalia.
Sarebbe utile ripartire, prima che sia troppo tardi, dal contrasto sul piano ideale e culturale, per formare una classe dirigente capace di riportare a casa tanti moderati che hanno preferito votare ad esempio De Luca del PD al 69% in Campania piuttosto che Caldoro rimasto al palo di un 18% con Lega al 5,65%, Fratelli d’Italia al 5,98% e Forza Italia al 5,16%; francamente uno scenario inquietante in una terra che ha sempre dato molto credito alle forze nazional conservatrici e liberali, sin dal referendum Monarchia Repubblica del 2 giugno 1946, che vide il Re Umberto II trionfare in tutto il Sud.
Certo non mancano le note positive come la rielezione di Zaia con percentuali altrettanto elevate, ma siamo sicuri che questo poi sia un bene per la coalizione? O comincerà anche lì una lotta fratricida per la leadership interna prima alla Lega e poi alla casa dei moderati? Mi auguro di no. E poi le istanze autonomiste del Veneto saranno ancora più galvanizzate dal risultato tanto da essere poi un altro spauracchio per coloro che credono nell’unità nazionale italiana e che magari spaventati preferiranno votare a sinistra? Si riuscirà a fare sintesi tra le rivendicazioni di autonomie locali e le istanze centrali in una visione tradizionale non demagogica? Emergerà una classe dirigente all’altezza di questo compito? I candidati sono stati e saranno premiati per la loro qualità e non per le loro appartenenze consortili o familistiche.
La mia proposta? Salvini, Berlusconi e Meloni & Co., aprano una nuova fase costituente per un auspicabile rinnovamento del centro destra, perché comunque continua a non sfondare, e convochino una grande assise nazionale di intellettuali d’area ma anche di battitori liberi non allineati, di intelligenze plurime, di imprenditori audaci, di artisti, di designer, di protagonisti della moda italiana, di sportivi, di esperti di geopolitica, sicurezza internazionale e di quanto altro fa grande l’Italia, in cui però devono ritagliarsi il ruolo di auditori pronti a fare sintesi tra le varie proposte, senza per forza improvvisare il solito sermoncino nazional patriottico antimmigrazionista liberal conservatore, buono per un comizio di chiusura in piccolo paese della Brianza o della Sicilia, ma assolutamente inutile a delineare il futuro della coalizione e più in generale dell’Italia.
Altrimenti cari amici, prepariamoci a vederne delle belle, perché questo referendum sarà solo l’inizio.
Antonino Sala

Referendum? Questo è solo l’inizio! Salvini, Berlusconi e Meloni & Co. convochino un’assise delle migliori intelligenze d’Italia prima che sia troppo tardiultima modifica: 2020-09-24T18:15:43+02:00da torreecorona
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