Demosortecrazia, Demarchia e Aleocrazia contro la Democrazia rappresentativa e parlamentare. La Democrazia a sorteggio: un’idea vecchia ma un proposito sempre attuale.

Il tema del funzionamento della democrazia elettiva è uno di quelli che appassiona gli studiosi di scienze politiche da sempre, infatti nei secoli si sono cimentati nella definizione degli aspetti che la caratterizzano sia dal punto di vista positivo che da quello negativo. Oggi torna di attualità perché Beppe Grillo, dopo la batosta delle elezioni regionali in cui il suo movimento è precipitato a percentuali di molto inferiori rispetto alle precedenti elezioni nazionali, ha tirato fuori la possibilità che in futuro si possano scegliere i deputati o i ministri ed in generale coloro i quali debbono rivestire incarichi pubblici tramite sorteggio e non più attraverso regolari elezioni a suffraggio universale.
Sarebbe facile ridurre tutto ad una delle sue solite sparate e farsi solo quattro (amare) risate ma, come ha recentemente dimostrato l’esito del referendum per la riduzione del numero di parlamentari c’è ben poco da ridere. Invece la ritengo una questione seria su cui è necessario riflettere anche perché, piaccia o non piaccia il Movimento 5 Stelle, è stato e continua ad essere il grimaldello con cui si stanno demolendo alcune delle certezze politiche e sociali che non si pensava potessero essere messe in discussione, a cominciare dal funzionamento dei gruppi parlamentari diretti con la piattaforma Rousseau.
D’altronde lo stesso comico ha dichiarato sul suo blog qual è la logica che lo muove “il caos è nella nostra natura, è nella natura dell’uomo. È nel caos che vengono fuori le belle idee. È un procedimento che sta andando avanti, un cambiamento, e ci siamo già dall’altra parte.”Tutto tende al caos, all’entropia. L’entropia è la nostra matrice oggi.” “ Ma cosa c’è di meglio di riprogettare l’economia, l’energia, i rapporti…” e potrei continuare con le citazioni grillesche che testimoniano quale siano le sue intenzioni e sopratutto quale orizzonte caotico vorrebbe per l’Italia, che in parte ha già cominciato a profilarsi con l’introduzione del reddito di cittadinanza slegato dal lavoro e che lo stesso capo pentastellato vorrebbe trasformare in “un reddito di base universale, per diritto di nascita, destinato a tutti, dai più poveri ai più ricchi”, un assurdità per molti filosofi, politici, sociologi, ed economisti, ma sostenuta però da Mark Zuckerberg (Facebook), Bill Gates (Microsoft) e Elon Musk (Tesla) tra i più ricchi ed influenti uomini del mondo.
La teoria su una democrazia del sorteggio venie da lontano e per questo non va sottovalutata ne derisa, come lo fu quella sulla decrescita felice di cui oggi anche a causa del Covid 19 vediamo i risultati. Già nell’antica Grecia nel 508 a.C. si ricorse al sorteggio, era la Demosortecrazia, tra i cittadini per nominare un organo collegiale, chiamato Bulè, composto da cinquecento membri.delle città stato dove però la possibilità di farne parte era relegata a una ristretta cerchia di uomini liberi; a Roma ai consoli venivano affidate le provincie di competenza a sorteggio ma anche lì era un ballottaggio tra due uomini eletti dai comizi; e Venezia fu nota per l’uso del sorteggio che ha contraddistinto la sua lunga e stabile vita. Il meccanismo usato consisteva nell’elezione di un consiglio di grandi dimensioni che veniva poi ridotto tramite il sorteggio. In seguito i sorteggiati eleggevano un altro consiglio di grandi dimensioni che veniva ridotto ancora una volta per sorteggio; il processo continuava iterativamente per molti cicli.
Oggi per esempio nelle province canadesi di British Columbia e di Ontario gruppi di cittadini sono stati selezionati tramite sorteggio per creare delle assemblee cittadine per la riforma elettorale con il compito di studiare ed indicare cambiamenti opportuni ai sistemi elettorali da adottare nelle province.
Recentemente è stato coniato un termine per indicare questo sistema alternativo a quello del voto, ed è Demarchia, in cui la maggioranza dei rappresentanti politici è selezionata tramite sorteggio, Il termine compare per la prima volta nel lavoro del filosofo Friedrich von Hayek. Egli non parla di sorteggio ma oppone il termine a democrazia, che è diventato nel tempo sinonimo di potere illimitato della maggioranza.
Hayek inoltre definisce quale ruolo secondo lui lo dello Stato dovrebbe avere “assicurare un reddito minimo a tutti, o un livello sotto cui nessuno scenda quando non può più provvedere a se stesso, non soltanto è una protezione assolutamente legittima contro rischi comuni a tutti, ma è un compito necessario della Grande Società in cui l’individuo non può rivalersi sui membri del piccolo gruppo specifico in cui era nato”. Sottolinea, inoltre, che “un sistema che invoglia a lasciare la relativa sicurezza goduta appartenendo ad un gruppo ristretto, probabilmente produrrà forti scontenti e reazioni violente, quando coloro che ne hanno goduto prima i benefici si trovino, senza propria colpa, privi di aiuti, perché non hanno più la capacità di guadagnarsi da vivere”.
Von Hayek contrappone gli odierni modelli di ordinamento democratico, che egli reputa oggetto di una degenerazione, ad un ipotetico modello demarchico da lui prefigurato, analizzando quella che secondo lui è una diversità di prospettiva di fondo nell’approccio alla politica sottesa nel significato etimologico dei due termini. La sua proposta, chiamata appunto demarchia, è di carattere minarchico (dal greco potere minimo) in cui il potere dello Stato è ridotto al minimo per evitare ingerenze lesive della libertà del cittadino e la costituzione di caste-gruppi oligarchici al potere. La proposta è descritta in opere quali Legge, legislazione e libertà e Libertà economica e governo rappresentativo.
Questo termine è stato usato per primo da John Burnheim in relazione al sorteggio. Nel suo libro Is Democracy Possible? L’alternativa alla politica elettorale (1985) per descrivere un sistema politico senza stato o burocrazie e basato invece su gruppi di decisori scelti a caso. Nel 2006 Burnheim ha pubblicato una seconda edizione con una nuova prefazione in cui indirizzava il lettore a sottolineare che “un sistema politico organizzato dalla negoziazione tra autorità specializzate funzionerebbe molto meglio di uno basato sull’autorità centralizzata”.
La demarchia come la concepisce Burnheim ha due caratteristiche che la distinguono dalle altre proposte di selezione a sorte in politica: in primo luogo, l’insistenza nel porre aree politiche distinte sotto autorità mutuamente indipendenti che risolverebbero i problemi di coordinamento tra di loro mediante negoziazione o arbitrato piuttosto che dettato dall’alto. Lo scopo di ciò è porre rimedio al difetto delle democrazie esistenti in cui le questioni sono risolte secondo le strategie di potere dei politici piuttosto che nel merito del caso; in secondo luogo, che il comitato responsabile di ogni organo politico dovrebbe essere statisticamente rappresentativo di coloro che sono maggiormente influenzati dalle loro decisioni. La speranza è che questo porti a decisioni migliori, non solo a un pio desiderio di rotazione populista.
Nel 2016 John Burnheim ha pubblicato “The Demarchy Manifesto: for better public policy” in cui suggerisce un approccio pratico ai problemi attuali, volto a separare il processo di “illuminare, articolare e dare effetto all’opinione pubblica” su questioni politiche selezionate dal sistema dei partiti elettorali. Prevedeva la creazione di una fondazione pubblica, finanziata da contributi privati, per condurre il procedimento, basandosi sulla completa trasparenza e ampiezza partecipativa del suo procedimento per giustificare la sua pretesa di articolare un punto di vista che meritava di essere visto come un’opinione pubblica seria su una serie di questioni importanti. La chiave per la completa apertura è un sito web a cui chiunque lo scelga può contribuire, dedicato a decidere il modo migliore per affrontare un problema specifico. I contributori dovrebbero fare appello a considerazioni che la maggior parte delle persone accetterebbe come direttamente rilevanti per il problema particolare. I redattori tenterebbero di vedere che tutte le considerazioni che la gente comune o gli esperti potrebbero avere fossero dibattute a fondo, stabilendo le considerazioni che una buona soluzione dovrebbe tenere in considerazione. Quella discussione dovrebbe portare alla chiarezza su quali fatti e valori siano rilevanti, ma lasciare comunque molto disaccordo sul peso relativo che viene loro attribuito nell’articolare una decisione accettabile. Un secondo piccolo organismo sarebbe incaricato di tentare di arrivare a un compromesso pratico tra considerazioni contrastanti. Il suggerimento è che questo dovrebbe essere un piccolo comitato, statisticamente rappresentativo degli interessi più fortemente avvantaggiati o svantaggiati da ciò che deve essere deciso. Il libro cerca di legare questa proposta con un approccio realistico alle questioni più generali dei beni pubblici, dell’incertezza pratica, dei processi sociali e dei problemi globali.
Recentemente la proposta è stata rilanciata da David Grégoire Van Reybrouck scrittore, storico e archeologo belga di lingua fiamminga, che dal 2011 al 2012, è stato uno dei promotori ed organizzatori della G1000, un’iniziativa che riunisce un migliaio di belgi delle due principali comunità linguistiche per cercare una migliore organizzazione della democrazia nel paese, arrivando a teorizzare la democrazia per sorteggio, in un sistema misto con procedure elettive e assemblee deliberative di cittadini estratti a sorte nel nel suo libro del 2014, Contro le elezioni (Tegen verkiezingen) tradotto anche in italiano.
Van Reybrouck in un intervista del 2014 al Corriere della ha dichiarato parlando dei 5S “Sono d’accordo sul fatto che la nostra democrazia ottocentesca non sia più adatta ai tempi, ma non condivido le soluzioni che loro propongono”, “Seguo con interesse alcuni esperimenti di estrazione a sorte, che negli ultimi anni sono stati condotti un po’ ovunque nel mondo, dalla provincia canadese della British Columbia all’Islanda al Texas a, più recentemente, l’Irlanda. Qui si è appena conclusa la Convenzione costituzionale, che ha visto collaborare per un anno 66 cittadini tirati a sorte con 33 eletti. Quest’assemblea inedita è riuscita ad avviare senza scossoni la riforma di 8 articoli della Costituzione irlandese”, ed alla domanda dell’interlocutore su quali competenze avrebbero i futuri eletti risponde “E perché, quale competenza hanno oggi la maggior parte dei deputati nei nostri Parlamenti? I migliori di loro usano la legittimità offerta dallo status di eletti per chiedere informazioni e consigli agli esperti, e infine decidere a ragion veduta. Niente che non potrebbe fare una persona tirata a sorte. Con il vantaggio fondamentale che i cittadini tirati a sorte sarebbero forse più inclini a dare priorità al bene comune, e non alla propria rielezione” d’altronde come dargli torto se guardiamo infatti i curricula per esempio di molti dei cinquestelle, ma anche di altri sia di destra che di sinistra, fatto causato però dalla legge elettorale che non prevede le primarie ma la cooptazione delle segreterie di partito. Tutto ciò ha prodotto il fatto che i nostri rappresentanti sono scelti più per servire i capi del partito che il popolo sovrano. Altro esempio illuminante: i segretari dei maggiori partiti italiani non hanno nemmeno una laurea: né Zingaretti del PD, né Salvini della Lega, né la Meloni di Fratelli d’Italia, bisogna arrivare a Silvio Berlusconi per trovare un dottore. Anche su questo bisognerebbe fare una profonda riflessione, come sul cosiddetto merito, infatti per chi ha dedicato la propria vita agli studi, alla ricerca o alla professione è molto difficile accettare di essere governato da un personale politico poco attrezzato culturalmente e accademicamente, e tutto ciò contribuisce alla perdita costante di credibilità della classe politica.
Sono lontani i tempi in cui i figli dei Re d’Italia erano educati rigidamente nelle accademie militari per prepararsi al duro compito di guidare lo Stato. Un giorno il colonnello di Stato Maggiore Egidio Osio, precettore del futuro Vittorio Emanuele III d’Italia, appena insediato nel suo ruolo disse al piccolo principe “si ricordi che il figlio di un Re, come il figlio di un calzolaio, quando è asino è asino”. Frase che condivido appieno.
E tutto questo porta al discorso di Grillo,che in sintesi dice “visto la scarsa qualità dei nostri rappresentanti e il loro attaccamento alla poltrona che a sua volta produce pessimi risultati sul piano dell’azione politica la soluzione è nominarli a tempo determinato per sorteggio”, prima però bisogna delegittimarli, poi ridurli di numero ed infine sostituirli con qualcos’altro.
Con che cosa? La Democrazia deliberativa, nulla di nuovo sotto il sole in termini assoluti. Infatti anche se essa nasce nelle poleis arriva ai ai giorni nostri attraverso Marx, perché essa avendo come presupposto l’allargamento della base che decide e legifera è l’effetto pratico delle teorie contemporanee egualitariste di stampo anche marxiste più spinte.
È opportuno a questo proposito specificare che nel linguaggio corrente italiano il verbo «deliberare» è sinonimo di «decidere», ma viene comunemente utilizzato principalmente in ambito istituzionale/amministrativo (es. delibera comunale). In realtà l’origine latina del termine (de-liberare, da libra bilancia) letteralmente significa «ponderare completamente» ovvero assumere una decisione nel merito di una questione, ma solo dopo averla discussa ed esaminata a fondo, «soppesando» attentamente i pro e i contra dei diversi possibili corsi d’azione, comprese le conseguenze, i vincoli, le opportunità, i valori e gli interessi in competizione, gli eventuali scambi e sacrifici in gioco.
Autori che si sono occupati della teoria della democrazia deliberativa sono Jürgen Habermas esponente di punta della Scuola di Francoforte di orientamento neo-marxista e Costantino Mortati ma anche John Rawls, John Dewey e Hannah Arendt, John Stuart Mill e persino guarda caso proprio Jean-Jacques Rousseau da cui prende il nome la famosa piattaforma pentastellata ideata da Casaleggio. Tuttavia, per esteso per la prima volta la ritroviamo in un saggio moderno di Joseph Bessette (Deliberative democracy. Tha Majority Principle in Repubblican Government, pubblicato nel 1980 dall’American Enterprise Institute nella raccolta di saggi dal titolo How Democratic is the Constitution?).
Presupposto per questo cambio di prospettiva è che la Democrazia rappresentativa è ormai in una crisi irreversibile, che genera al proprio interno una crescente delusione, verificabile attraverso l’astensionismo, l’indifferenza e la sfiducia nei confronti del sistema politico-istituzionale, il calo dei militanti politici nei partiti e il conseguente emergere di movimenti contestatari come il M5S.
La democrazia deliberativa, che dovrebbe sostituire quella rappresentativa, si fonda su alcuni principi quali: accettazione della diversità; uguaglianza, infatti si ripropone di andare oltre il dato formale, ricercando le condizioni per un’eguaglianza effettiva (uno vale uno); neutralità, tutto avviene in ambiente asettico senza il coinvolgimento di gruppi di opinione ma individualmente come un voto su una piattaforma web. Queste attività poi dovrebbero essere promosse, finanziate e gestite da organizzazioni terze non coinvolte, al fine di contenere possibili distorsioni e diseguaglianze derivanti dalla struttura di potere, magari come è avvenuto in Italia da un fondazione o un’associazione, ad esempio Rousseau per intenderci, gestita da professionisti a loro modo indipendenti e neutrali.
Ma come avviene poi il reclutamento effettivo di coloro che debbono rivestire cariche pubbliche?A tal fine esistono tre tipi di reclutamento prevede questo sistema: una selezione mirata, su invito dedicato, rivolta soprattutto agli esperti o ai portatori di interesse, con particolare riguardo alla neutralità; con le “porte aperte” a chiunque, ma meglio ai “cittadini attivi” o direttamente interessati come gli attivisti iscritti alla piattaforma; con un campionamento stratificato usando una tecnica statistica che dovrebbe “garantire” un microcosmo rappresentativo della popolazione. Grillo e Casaleggio padre, come è facilmente intuibile, non si sono inventati nulla, hanno solo messo in pratica questi principi neo-marxisti egualitari, mischiandoli anche con alcuni elementi nazional popolari, come la proposta (oramai abbandonata) di ritorno alle monete nazionali, necessari per attrarre quelle non poche persone del classico elettorato di destra, che oggi si dicono delusi e traditi dal movimento. Hanno sbagliato prima nel non aver capito cosa ci fosse veramente dietro queste proposte, continuano a sbagliare anche oggi quando avallano alcune idee, come la riduzione dei parlamentari, perché la carica rivoluzionaria del Casaleggio pensiero è rimasta intonsa, anzi forse si è potenziata con l’azione di governo prima con la Lega ed oggi con il Partito Democratico.
Come facilmente si vede ci sono tutti i presupposti culturali per stravolgere l’assetto istituzionale di uno Stato con un largo consenso. Ma il vero problema risiede nel controllo di un tale sistema, che oggettivamente è demandato a poche persone “neutrali ed indipendenti” che non hanno il compito della rappresentanza popolare ma solo della sua gestione.
Difronte ad un impianto simile, che grazie alla decrescita, felice per pochi ma infelice per i più, alla delegittimazione della democrazia rappresentativa e del parlamentarismo, alla crisi spirituale, economica e sociale, ha cominciato a prendere forma, non vedo una risposta altrettanto efficace e convincente da parte del polo “popolare, conservatore, identitario e nazional patriottico” che aggrappato ai sondaggi che lo danno maggioritario, spera in un ribaltamento della situazione grazie all’arma “segreta” delle prossime elezioni nazionali. Senza elaborare una nuova via sarà inevitabilmente costretto comunque nel tempo a soccombere anche stando al governo, come nella storia delle rivoluzioni è avvenuto e mentre l’orchestra suona questo Titanic affonda, con i cosacchi già dentro il Palazzo d’Inverno a fare strame di tutto e tutti.
Per queste ragioni ho lanciato l’idea di un assise nazionale delle migliori intelligenze, sia di destra che di una sinistra aperta al confronto, proprio per proporre un modello prima culturale e poi politico in cui al centro ci sia l’uomo e le sue libertà naturali e da opporre alla dilagante avanzata della demagogia destrutturante, che oggi propone l’Aleocrazia (definizione inventata da Carmelo Maria Durante) come panacea di tutti i mali delle nazioni occidentali,.
Vincere un’elezione non modifica la sensibilità o il costume dei popoli, ma la cultura si.

Antonino Sala

Demosortecrazia, Demarchia e Aleocrazia contro la Democrazia rappresentativa e parlamentare. La Democrazia a sorteggio: un’idea vecchia ma un proposito sempre attuale.ultima modifica: 2020-09-27T21:42:32+02:00da torreecorona
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