Destra e sinistra di Hegel unite nella lotta…alle nostre libertà!

Ritratto di Georg Wilhelm Friedrich Hegel (Stoccarda, 27 agosto 1770 – Berlino, 14 novembre 1831)

“Poiché lo Stato è spirito oggettivo, l’individuo esso medesimo ha oggettività, verità ed eticità soltanto in quanto è componente dello Stato” Georg Wilhelm Friedrich Hegel, Lineamenti di filosofia del diritto.
Basterebbe ad un avveduto lettore questa affermazione del filosofo tedesco per comprendere quale è la teoria che da duecento anni, la prima edizione di Grundlinien der Philosophie des Rechts infatti è del 1820, impregna idee e processi politici che sono poi sfociati nei regimi totalitari del novecento, il nazismo ed il comunismo, e che oggi ancora sopravvivono in molti paesi, come in Cina o a Cuba solo per citarne alcuni. Ma la stessa visione del mondo è alla base anche di chi in nome della sicurezza in generale è sempre pronto a misure restrittive delle libertà individuali pensando di rappresentare, come scriveva Hegel, lo Spirito oggettivo in quanto stato. E questo ragionamento vale sia per quelli che da sinistra pensano che nelle nostre case sia giusto poter far entrare la polizia per verificare quante persone ci siano, che per quelli che hanno pensato altre misure di “tutela pubblica” nelle regioni amministrate dal centrodestra. Tutti e due questi modi di ragionare sono infatti figli dell’hegelismo ottocentesco, che si divise in destra e sinistra.
La stessa logica assolutistica che annienta la persona la troviamo sia nello Stato nazionalista che in quello socialista, perché secondo questa idea la libertà dell’uomo in quanto uomo non esiste, perché essa può esistere solo all’interno di uno dei due sistemi statali, per la grandezza della nazione o per quella del proletariato, ma in quanto autonoma e autocosciente è solo un arbitrio personale, una volontà di sopraffazione sia tra esseri umani che tra nazioni.
Nei Lineamenti ciò appare in tutta evidenza: il “reale” (cioè la società civile, la nazione, lo Stato prussiano) è “razionale”, cioè giusto, legittimo, per cui anche la moralità deve diventare oggettiva nella famiglia, nella società e nello Stato, per essere vera, quindi la persona deve annullarsi per affermare la ragione e la volontà dello Stato ed il diritto è un insieme di regole che la società si dà per impedire la conflittualità delle volontà. Esso rappresenta per lui la sintesi di famiglia e società civile, e costituisce il momento più alto dell’Eticità e anche se si colloca cronologicamente alla fine dell’ethos è già presente nella formazione della famiglia e della società civile, che non si realizzerebbero a pieno se non avessero come fine quello della nascita Stato.
Lo Stato nasce non da un contratto stipulato fra gli individui, poiché non sono gli individui a formare lo Stato, bensì è lo Stato a formare gli individui. In quanto momento della manifestazione dello Spirito nella storia, lo Stato è giusto, giuridicamente lecito, storicamente inevitabile che esista; è più importante degli individui e sopravvive ad essi (è il momento più alto, di sintesi dello Spirito oggettivo); non è indipendente dagli individui (primo momento dello Spirito Oggettivo è il singolo individuo), che nel tempo lo precedono, per cui vi è la coincidenza del diritto privato con l’etica pubblica; non esclude il singolo individuo dalla politica; la partecipazione del cittadino alla vita politica è un diritto-dovere del singolo cittadino.
Padre di una teoria che per certi versi anticipa quella hegeliana è Johann Gottlieb Fichte che scrive in Lo Stato commerciale chiuso (Der geschlossene Handelsstaat) pubblicato nel 1800 “si è finora solo in parte ed unilateralmente compreso l’ufficio dello Stato, come quello cioè di un istituto rivolto a conservare, per mezzo delle leggi, i cittadini nel possesso in cui ciascuno si trova. Si è trascurato il più importante dovere dello Stato, che è quello di porre prima ciascuno in possesso di ciò che gli spetta. Ma non è possibile adempiere questo dovere, se non quando sia distrutta l’anarchia commerciale, come si è distrutta gradatamente l’anarchia politica, e siasi chiuso commercialmente lo Stato, com’esso è chiuso nella sua legislazione e nei suoi attributi giudiziari…..Così solamente viene assicurato a ciascuno il suo – non quello che gli derivi dalla cieca fortuna, o dallo sfruttamento di altri, o dalla violenza – che che gli tocchi di diritto. Nello Stato secondo ragione tutti sono servitori del tutto, e partecipano con giustizia ai beni del tutto. Nessuno può arricchirsi in modo particolare, ma nessuno neppur impoverire. A tutti è garantita la durata di questa condizione, e anche al tutto una pacifica ed equabile stabilità”.
Scrive Hegel “lo Stato è l’incedere di Dio nel mondo, ciò che lo Stato è, il fondamento di esso è la potenza della ragione realizzante sé come volontà. Nel caso dell’idea dello stato non si devono avere dinnanzi agli occhi stati particolari, non particolari istituzioni, si deve piuttosto considerare per sé l’idea, questo Dio reale.” Per questo Hegel rigetta sia il contrattualismo, che il giusnaturalismo, perché è inaccettabile che esista un diritto prima e oltre lo Stato.
E’ significativo il commento che il 13 ottobre 1806 invia all’amico filosofo Friedrich Immanuel Niethammer su Napoleone Bonaparte appena entrato a Jena “[…] l’imperatore – quest’anima del mondo – l’ho visto uscire a cavallo dalla città, in ricognizione; è davvero una sensazione meravigliosa vedere un tale individuo che qui, concentrato in un punto, seduto su un cavallo, abbraccia il mondo e lo domina…”.
Lo Stato diventa nel suo sistema di pensiero la sostanza etica consapevole di sé, che modera le contrapposizioni della società civile, che dona un significato universale alla vita sociale di ogni persona. All’interno dello Stato si realizza l’unità dell’individuo, della società civile con lo spirito, di cui lo lo stesso diviene incarnazione storica.
Hegel nega una concezione contrattualistica o giusnaturalista dello Stato, perché crede che quest’ultimo non dipende e nemmena nasce dalla volontà degli individui, esso è assoluto ed ha la propria sovranità ed esercita il proprio potere da se stesso, non dal popolo, che senza lo Stato è “massa informe”, priva di personalità e determinazione, per lui la persona è portatore di diritti solo in quanto quanto membro dello Stato. Hegel arriva a sostenere che “l’ingresso di Dio nel mondo è lo Stato”! Da qui il passo fu breve nel novecento sostenere che lo Stato, sia quello nazionalista che quello quello socialista, potesse anzi dovesse imporre alle persone la propria dittatura eliminando anche fisicamente chi si opponeva a questa visione in nome di un bene superiore.
Inoltre sostenne come forma di governo la monarchia ereditaria e corporativa, cioè dotata di un’assemblea delle rappresentanze delle classi (che sono: agricoltura, industria/commercio e professioni liberali), autoritaria (cioè con prevalenza del potere esecutivo su quello governativo e legislativo) e confessionale (nel senso che la chiesa dev’essere subordinata allo Stato), ancora oggi questa stessa impostazione la ritroviamo applicata in molti paesi socialisti asiatici, che hanno molti estimatori anche al di qua delle Alpi.
Per Hegel poi la storia costituisce una sorta di tribunale in cui avviene un “giudizio universale”, in virtù del quale i popoli che sono riusciti a imporsi saranno sempre giustificati, perché, nonostante i loro limiti, essi hanno portato avanti il progresso progresso della ragione in cui le grandi individualità “cosmico-storiche” (come Alessandro, Cesare, Napoleone…) non hanno fatto altro che incarnare meglio le esigenze della ragione, accettando elementi e presupposti di un certo darwinismo politico che sarà giustificatorio di immani tragedie umane del XX secolo.
In questo contesto va affrontato il tema della libertà dell’individuo che si riduce alla partecipazione della persona alla vita del proprio Stato senza lasciare niente o quasi al libero arbitrio e alla volontà personale. Scrive Davide Brusatori dell’ Università degli Studi di Milano – Bicocca in Libertà ed Eticita nella filosofia giuridica di G.W.F. nella rivista di filosofia e comunicazione Metábasis.it, rivista semestrale di filosofia e comunicazione “secondo Hegel la libertà vera e oggettiva non corrisponde a quella individuale del singolo soggetto: quest’ultima è soltanto il momento iniziale di un complesso processo di realizzazione concettuale della stessa idea di libertà, che si compie nelle istituzioni etiche del diritto positivo storicamente esistenti e trova il proprio perfezionamento definitivo nell’ordinamento politico dello Stato moderno……A differenza della visione kantiana che concepisce la legge come limitante la libertà, il filosofo idealista pensa che lo sviluppo del diritto non rappresenti un’obiezione all’esercizio della stessa, ma, piuttosto, sia l’orizzonte entro il quale l’idea di libertà si realizza pienamente e totalmente, definendolo das Reich der verwirklichten Freiheit il regno della libertà realizzata…….in Hegel, lo “Spirito Oggettivo” è la libertà che si realizza nelle istituzioni etico-politiche di un determinato popolo, storicamente esistenti e previste dall’ordinamento positivo.”
In questa visione la persona viene annientata, schiacciata, ridotta ad ingranaggio di un sistema politico burocratico in cui conta solo il grado di adesione alle finalità statuali.
Basta leggere i documenti politici di molti dei partiti italiani, sia di destra che di sinistra, che questa visione emerge chiaramente. E mentre, per esempio in Italia come anche all’estero, si sono implementate misure sempre più stringenti per le libertà personali, tutti i maggiori esponenti della politica nostrana si sono affrettati a dire che sono anche poco efficaci ed addirittura qualche presidente di regione si è affrettato ad emanarne anche in proprio, senza nemmeno avere un confronto con il governo centrale, il caso Campania è emblematico, il quale ha anche introdotto per DPCM la possibilità per le Regioni di modificare certe indicazioni solo in senso più restrittivo. Non si vuole entrare nel merito di questo o di quel obbligo, perché ciò esulerebbe sia le personali competenze che il fine di questo testo, ma solo mettere in luce la logica ed anche la facilità con cui queste indicazioni sono state accettate sia dalla politica di tutti gli schieramenti che dalla popolazione. Chi oggi parla di “rivoluzione liberale” dovrebbe fare i conti prima con il suo piccolo Hegel interiore e poi magari tirare fuori il coraggio di fare una vera opposizione in nome della Libertà, ma come scrive Marcello Veneziani “vi potete fidare di Salvini che nel giro di un anno, da agosto ’19 ad oggi le ha sbagliate in modo seriale quasi tutte, ha paurosamente oscillato un giorno facendo il liberista, un giorno il cattolico tradizionalista col rosario in mano, un giorno il comunista di ritorno col santino di Berlinguer (la Lega erede dei “valori “ del suo Pci); un giorno è nazionalista, un altro è padano, e poi un giorno filo-Trump (più Israele) e una notte filo-Putin, e si potrebbe continuare.” Servirebbe chiarezza e disposizione ad ascoltare ed a liberare la propria esistenza dall’improvvisazione del momento, che magari ti fa salire nei sondaggi ma poi ti tradisce ed inganna nel momento del governo o peggio del contrasto alle politiche neo stataliste dell’avversario quando stai dall’altro lato.
Tornando ad Hegel egli sostiene che la libertà vera e oggettiva, quella che chiama la “volontà essente-in-sé-e-per-sé”, è lo “Spirito Oggettivo”, ossia è la libertà che si realizza concettualmente negli istituti etici previsti dall’ordinamento positivo dello Stato si ispirano all’idea di libertà “nello stato.
Approfondisce Davide Brusatori “dal rapporto identitario fra l’idea di libertà e il concetto di totalità organica, è stato dedotto che nell’adempimento dei doveri etici l’uomo realizza la propria destinazione alla libertà. La libertà positiva implica l’eticità giuridica e quest’ultima, a sua volta, rappresenta la dimensione nella quale l’individuo sperimenta la propria liberazione dall’accidentalità dei condizionamenti naturali……l’eticità attribuisce un contenuto concreto e determinato alla volontà statuale espressa razionalmente nella legge: poiché, da un lato, l’esercizio delle virtù etiche assolve una funzione liberante nei confronti del singolo individuo e poiché, dall’altro, la totalità nell’etica si manifesta nella legge dello Stato, si deduce logicamente che la libertà, alla quale l’uomo è chiamato, si identifica nell’obbedienza alla legge positiva emanata dallo Stato….Come abbiamo visto, a differenza degli stadi precedenti che segnano le tappe iniziali del cammino progressivo della libertà, ossia il diritto astratto e la moralità nei quali l’uomo si trova in una condizione annichilente di isolamento soggettivo e di solitudine spirituale, nell’universo etico delle relazioni interpersonali egli sperimenta concretamente la propria affrancazione dal libito egoistico della sensibilità empirica, acquisendo per la prima volta la consapevolezza del valore incommensurabile della propria libertà. Poiché il formalismo, l’accidentalità e la limitatezza, insiti nei diversi contenuti offerti dall’esperienza pratica, sono stati rimossi definitivamente, ora la volontà libera, pur continuando ad essere la volontà della singolarità immediata, è anche una volontà pervenuta alla propria purificazione, aperta alla prospettiva dell’universalità e della libertà oggettiva. In base a queste ultime considerazioni emerge con profonda evidenza che l’intento di Hegel non è assolutamente quello di negare o di annullare la libertà soggettiva del singolo, ma, al contrario, è di ricondurla, con una sapienza quasi pedagogica, alla dimensione dell’eticità, elevandola allo Spirito Oggettivo, così riconciliandola con l’universale. Giova rilevare che per la volontà libera la determinazione universale non è soltanto il suo unico oggetto, ma è (soprattutto) anche il proprio fine esclusivo verso il quale essa è proiettata.”
Scrive Libero Federici dell’Università degli Studi di Macerata “trasposto sul piano politico, il soggetto che detiene la Zauberkraft di oltrepassare l’immediatezza dell’estrinseco per autoaffermarsi come irrelato, come immediatezza che contiene la mediazione stessa, ovvero come mediazione immediata stessa, viene designato da Hegel come un “grande uomo” dotato di potere superiore tale da trovare obbedienza negli altri anche contro la loro stessa volontà.
Questo uomo, che gli altri chiamano signore, ha una volontà che rispecchia l’intero, la totalità, presenta i tratti di una immediatezza assolutizzata che non trova più mediazione nelle volontà delle alterità: “Il grande uomo ha dalla sua parte la loro pura volontà, ed essi devono (müssen) anche se non vogliono. Questa è la superiorità del grande uomo: di sapere, di esprimere la volontà assoluta […]. Questo potere (Gewalt) non è dispotismo, bensì tirannia (Tyrannei), pura, spietata signoria (Herrschaft); ma esso è necessario e giusto, in quanto costituisce e conserva lo Stato come questo individuo reale”. Il grande uomo non è un despota, non agisce arbitrariamente. Le sue azioni non sono improprie ed indiscriminate, bensì il discrimine della volontà propriamente universale che definisce il primato del tutto. Egli è “puro potere”, la sua essenza potestativa è coestensiva ad ogni singola volontà; rispetto ad esse egli è l’in-sé, il loro in-sé. La sua violenza è imprescindibile e legittima, giustificata nell’irresistibilità della sua razionalità. Le alterità sono piegate all’incondizionatezza del dovere, l’unico loro potere è puro dovere essere, il loro essere è immediata alienazione. L’efferatezza della signoria universale del grande uomo si esplica per salvaguardare l’esistenza dell’intero, domina spossessando le singolarità del loro potenziale creativo politico. La forma estrema indicata da müssen chiama in causa l’obbedienza come necessario correlato.
L’importanza rivestita dall’azione dell’obbedire – e, naturalmente, dell’educazione all’obbedire – è fondamentale in quanto sposta il discorso dalla centralità della tirannia a quella della legge. “Con questa educazione all’ubbidienza – a riconoscere l’universale piuttosto che le volontà reali – la tirannia è diventata superflua, e le si è sostituita la signoria della legge. Il potere che esercita il tiranno è in sé il potere della legge; mediante l’ubbidienza non è più un potere estraneo, bensì l’universale volontà riconosciuta (gewusste)”. Sottoposti con violenza all’obbedienza al puro potere i singoli apprendono l’universale, incurvate forzatamente dalla necessità e dalla legittimità di un potere che le rende aliene a se stesse le alterità finiscono e per introiettare l’ordine della libertà. Questa metabolizzazione conduce alla deposizione della tirannia stessa e all’affermazione della controfigura della “signoria della legge”. Ora la legge non è più l’in sé del potere del tiranno, ma un essente in sé, essenza del pensiero e dell’essere, e tutto ciò grazie all’assimilazione, ottenuta con violenza, del valore emancipativo della volontà universale. La Gewalt che impone assolutamente l’obbedienza approda ad una concezione delle legge come rigenerazione etica dell’essere comune: “La signoria della legge, ora, non è questo dar-leggi, come se non ce ne fossero, bensì esse ci sono – e la relazione è il movimento verso l’essere-comune di quelli che sono stati educati all’ubbidienza; a fondamento sta questa essenza esistente”.
“L’universalizzazione della autocoscienza sottende giustificati e necessari momenti violenti, comporta un processo razionale per cui la costituzione dello Stato si configura come svolgimento sottomettente. Nonostante che le articolazioni statuali dei costumi, delle consuetudini, delle leggi e delle istituzioni formino ed informino l’umano fino a costituirne una “seconda natura”36, nella relazione intersoggettiva e statuale è inscritta violenza. Ciò significa dunque che l’antagonismo delle autocoscienze contiene e riflette un elemento violento, la legge di sviluppo dell’Io, che si gradua nei momenti concatenati di una totalità in cui “vero” e “intero” coincidono, presenta violenza e la proietta nell’origine fenomenica della realtà statale, la innalza e la universalizza nell’apertura dello Stato: dalla legge suprema del pensiero della logica si giunge alla logica del pensiero supremo dello Stato….” come dice F. Rosenzweig in Hegel e lo Stato, il Mulino, Bologna 1976 è “una visione orridamente grandiosa della nullità dell’individuo!”.
Lo Stato come incarnazione storica dello Spirito, la libertà concepita solo all’interno di esso, la violenza come necessario corollario per l’affermazione e la conservazione dello stesso e l’obbedienza e l’educazione ad essa come strumento essenziale per la realizzazione del potere della tirannia della legge costituiscono i presupposti culturali per la legittimazione razionale della nascita delle ideologie totalitarie sia di destra che di sinistra.
Purtroppo questa visione del mondo è stata così pervasiva, ed anche portentosa da infiammare ed alimentare per due secoli i partiti e la cultura politica del novecento arrivando fino ai giorni nostri. Infatti ancor oggi gli interventi dello Stato sono presenti nell’economia attraverso per esempio le nuove nazionalizzazioni come il caso Alitalia, nel mondo del lavoro ad esempio con il reddito di cittadinanza o imponendo lockdown e smart working alle aziende private, nella sanità (è il caso dei vaccini che si vorrebbero fa diventare obbligatori insieme ai metodi di tracciamento digitale), nella vita personale e privata dei cittadini persino pensando che sia giusto magari mandargli la polizia a casa dopo una delazione di un vicino per capire quante persone sono in quel momento presenti lì e se indossano una mascherina, calpestando l’articolo 14 della Costituzione della Repubblica Italiana che recita “il domicilio è inviolabile. Non vi si possono eseguire ispezioni o perquisizioni o sequestri, se non nei casi e modi stabiliti dalla legge secondo le garanzie prescritte per la tutela della libertà personale”, tra l’altro a proporre quest’ultima idea sono le stesse persone che qualche anno addietro pontificavano della Costituzione “più bella del mondo” la nostra e che adesso può anche essere sospesa.
Ma non mancano anche a destra esempi di puro statalismo hegeliano, basta leggere le dichiarazioni o le ordinanze dei presidenti delle regioni amministrate da loro come anche di alcuni sindaci “sceriffi” in questo tempo di Corona virus, non ci hanno risparmiato nulla: dalla chiusura degli esercizi commerciali, alla spesa in ordine alfabetico secondo il cognome, alla serrata delle scuole e delle università, dall’imposizione dell’uso delle mascherine anche all’aperto, ai “consigli” al popolo, per loro “ancora incosciente perchè bambino”, di autoimporsi la clausura. Questi sono solo esempi di quanto può essere efficace e longevo un pensiero seppur pernicioso ma ben strutturato come quello di Hegel.
Il problema è che non vedo la stessa capacità e forza di raddrizzamento della realtà nell’altro campo definiamolo per semplicità di esposizione “delle Libertà”. E dire che questo campo delle libertà è in cerca della giusta rappresentanza dopo il tracollo del partito di Silvio Berlusconi, che anche se con poca convinzione e forza, provò a mettere al centro le libertà, organizzando come alleanza di governo con la Lega di Umberto Bossi e l’Alleanza Nazionale di Gianfranco Fini, prima “Il Polo delle Libertà” poi “La Casa delle Libertà” ed infine “Il Popolo delle Libertà” per contrastare quello che allora era il fronte statalista formatosi nei centri culturali del disciolto Partito Comunista. Persino gli inni dei due partiti maggiori Forza Italia e Alleanza Nazionale erano un canto alla libertà e quello di AN che si chiamava proprio così aveva queste parole nella strofa iniziale “Libertà di credere nel domani, nel lavoro delle nostre mani -sono le parole dell’inno- nella nostra Italia che vuol crescere, nella nostra buona volontà. Libertà di camminare insieme, col coraggio di voler far bene. Ed il nostro cuore sempre si scalderà con la fiamma della libertà”, forse un pò troppo retorico ma bello.
Questa coalizione di centro destra, come sappiamo, arrivò al governo dell’Italia ma non riuscì ad attuare una vera svolta antistatalista, sia per ragioni politiche spicciole, che per fattori culturali interni al governo stesso, infatti i partiti alleati erano espressioni di quella visione hegeliana di cui abbiamo parlato sopra, come la Lega e Alleanza Nazionale per non parlare degli ultimi scampoli della Democrazia Cristiana che per tanti anni era stata al governo del paese imponendo politiche assistenziali e dirigiste tipiche proprio di quella visione, ma anche per manchevolezze personali e per spinte interne a Forza Italia guidate da ex socialisti che in essa trovarono ospitalità ed ascolto, capaci di mettere in sordina sia la “rivoluzione liberale” che quella “conservatrice”.
In tempi di pandemia, in pochi chiedono allo Stato di farsi da parte e lasciare più spazio all’iniziativa privata, uno di questi è il coraggioso e bravo giornalista Nicola Porro, nonostante per esempio le code infinite per i tamponi, anzi con la paura legittima di prendersi un terribile virus, ad esso si guarda con speranza e ansia quasi devozionale, appunto come diceva Hegel perché lo Stato è lo Spirito incarnato nel tempo e solo lui può salvare.
Addirittura si è arrivati all’ammonimento, uno dei tanti che quotidianamente osserviamo, che la responsabilità di un’altra “clausura” generalizzata sarebbe del popolo italiano che trasgredisce ai consigli degli esperti.
Il massimo è stata la proposta di un ministro che invocava le segnalazioni dei cittadini per potere inviare qualcuno a controllare presso il nostro domicilio qualora i presenti superassero il numero individuato dal Comitato tecnico scientifico governativo, come nella Cina comunista in cui il capo condominio non si occupa di pagare le bollette dello stabile ma della vita di chi ci abita. Quest’idea mi ha ricordato il film dal titolo Le vite degli altri (Das Leben der Anderen) uscito nel 2006 di Florian Henckel von Donnersmarck, vincitore del Premio Oscar per il miglior film straniero in cui nella Berlino Est nell’autunno del 1984 il capitano della Stasi Gerd Wiesler viene incaricato di spiare Georg Dreyman, famoso scrittore teatrale e intellettuale, ritenuto responsabile di un un saggio anonimo sull’alta e anomala percentuale di suicidi nella DDR, pericoloso per l’ideologia del Partito di Unità Socialista di Germania (SED). Durante l’inchiesta segreta viene arruolata forzatamente l’amante del protagonista Christa-Maria che diventa la spia interna. Il film finisce con lo stesso agente Wiesler impietosito salvare lo scrittore che lo ricambierà, venuto a conoscenza del fatto, con un libro in cui lo ringrazia, questo a testimoniare che anche il più pervasivo dei sistemi può essere arrestato in qualche caso anche da un solo funzionario coraggioso e libero.
Ma serve avere ben chiaro che la soluzione a questi guasti non sono le elezioni invocate ad ogni piè sospinto, ma è mettere in crisi l’ideologia statalista hegeliana che ha visto come esponenti conservatori di punta Carl F. Göschler, Georg A. Gabler, Julius Schaller ed in Italia Augusto Vera che sosteneva “Finché una nazione vive nella sfera del suo essere sensibile e animale, essa non si muove; essa ripete ogni giorno la stessa vita e gli stessi eventi; essa prova sempre gli stessi bisogni. Che se non fosse possibile trascendere questa sfera, la storia stessa non sarebbe possibile. Queste poche considerazioni ci spingono adunque a riconoscere con più pieno convincimento che solo l’Idea o l’Assoluto è il motore delle nazioni e dell’umanità, ovvero il principio determinante della storia”, arrivando poi ad influenzare fortemente i processi culturali successivi infatti dice Gaetano Arfé in L’hegelismo napoletano e Spaventa, in «Società», “è con Spaventa soprattutto che la filosofia in Italia cessa d’essere esercitazione accademica e vacua speculazione, si avvia a diventare organica visione del mondo, da cui derivi e consegua una morale, si avvia cioè a diventare religione laica, dando inizio a quel largo movimento di distacco di intellettuali dalla Chiesa cattolica.”
E Sergio Landucci in L’hegelismo in Italia nell’età del Risorgimento, in «Studi storici», “con Spaventa e De Sanctis era giunta al culmine quella motivazione politica nazionale che fu la caratteristica in forza della quale il movimento sorto a Napoli superò i limiti di un episodio regionale. […] Da noi, al contrario che in Inghilterra (e in Francia), l’hegelismo non è stato solo un movimento accademico, di professori, ma è stato un elemento della vita civile della nazione nel momento culminante del suo Risorgimento.”
Ed a sinistra troviamo David Strauss, Bruno Bauer – che inizialmente era sulle posizioni della destra – e suo fratello Edgar, Max Stirner, Arnold Ruge, Moses Hess, ma anche gli stessi Karl Marx e Friedrich Engels, che proporranno una formulazione rivoluzionaria della dottrina hegeliana, che avrebbe poi portato al materialismo storico del marxismo e al socialismo reale come lo definì il presidente dell’URSS Leonid Il’ič Brežnev.
Per ribaltare tutte e due le visioni bisognerebbe ripartire dalla nozione di Libertà individuale, come dono di Dio per i credenti e propria della condizione umana e/o per gli irreligiosi come presupposto naturale alla stessa essenza dell’uomo, recuperando quella soggettività assoluta di fronte alle costruzioni del pensiero, che fingendo di liberarlo dalle sue paure ed afflizioni lo hanno ingabbiato in una prigione di cui egli stesso è diventato il guardiano e da cui teme di uscire.

Antonino Sala

Destra e sinistra di Hegel unite nella lotta…alle nostre libertà!ultima modifica: 2020-10-19T23:03:43+02:00da torreecorona
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